Architettura, Arte

Lecce, il barocco e la frutta

Viaggio iconografico

Ghirlanda Barocca
Ghirlanda Barocca

Il barocco leccese è un tripudio d’autunno. Capitelli, portali, finestre, cornici, stemmi, mensole, archi, lunette, trabeazioni e altari si impreziosiscono di frutti autunnali e natalizi, tipicamente salentini e mediterranei, come dono del lavoro contadino e della generosità della terra offerto a Dio.

Cesti e canestri, ghirlande e bouquet, cornucopie e corone, traboccanti di prospere melagrane, succosi grappoli d’uva, propiziatorie mele cotogne, fecondi agrumi, benauguranti mandorle, gustose bacche e more, ed infinita varietà di primizie, ornano ed arricchiscono il senso estetico e simbolico delle architetture.

Lapidee “nature morte” che prendono vita sulla scenografica pietra di tufo locale, rendendola prezioso scrigno d’avorio ed esuberante ricamo scolpito.

Prodotti della terra che furono prodotti dall’amore e dal pensiero cristiano e filosofico, sociale ed economico, fantasioso e geniale dei protagonisti del barocco, per rendere perpetua l’abbondanza di Dio, la ricchezza della creazione, la forza della Natura fruttifera, la ciclicità della stagione e del tempo che scorre, e la laboriosità dell’umanità punita, salvata e nobilitata dalle e nelle attività agricole e rurali della terra.

Caravaggio: Canestra di frutta
Caravaggio: Canestra di frutta

Ogni frutto nell’iconografia cristiana e barocca, spesso di derivazione pagana e dionisiaca, ha un suo albero genealogico e della vita, è la raffigurazione di un significato emblematico e possiede la sua propria natura carismatica.

La melagrana, presente nel passo del “Cantico dei Cantici”, tra i suoi molteplici ed affascinanti simboli, è emblema di purezza, fedeltà, fertilità e resurrezione. La sua origine allegorica inizia con la genesi della mela come frutto proibito del paradiso e metafora della caduta dell’uomo, che, in mano a Gesù Bambino, diventa indice della sua missione di salvezza. I suoi chicchi rosso rubino, richiamano, infatti, alla passione ed alle gocce di sangue versato da Cristo. La tradizione mediterranea pre-cristiana attribuiva, inoltre, a questo pomo il simbolo di rinnovamento cosmico ed il ciclo vita-morte-vita.

La mela cotogna è uno dei frutti tra i più tipici del Salento, che un tempo trionfava negli orti delle delizie d’ogni casa, campagna, monastero e masseria, e con la quale si produce la tipica cotognata leccese, marmellata gelatinosa confezionata a cubetti e mattonelle.

Simbolo dell’amore e della fecondità, viene anch’essa associata all’opera di redenzione del Messia.

L’uva si colloca tra i simboli più diffusi ed importanti dell’iconografia cristiana. La vigna ed il vino appartengono alla storica cultura e primordiale economia diffuse nel Mediterraneo e nel territorio salentino. Il suo grappolo di acini sferici richiama, come la maggior parte dei frutti allegorici, al simbolismo del cerchio che allude all’universo, alla completezza e perfezione, ed alla sfera celeste e divina. La vite nella Bibbia è allegoria delle fasi di lavoro e del valore relativo al raccolto. Proprio Gesù, nel Vangelo, rappresenta se stesso con la metafora della vite, e scelse il vino come suo segno di sangue eucaristico. Le campagne della provincia di Lecce sono costellate di splendidi vigneti dai polposi grappoli d’uva di Negroamaro e Malvasia nera, grazie ai quali si producono i noti e tipici vini locali.

Santa Croce (Rosone)
Santa Croce (Rosone)

Nelle colonne tortili del barocco, come tralci rampicanti della fede e della costanza, e nei panieri e nelle cornucopie di capitelli e cornici, simbolo di fertile grembo della Madre terra ed evocazione dei doni paradisiaci, l’uva, nelle sue molteplici forme, rappresentazioni e varietà, trionfa ridondante nel segno della comunione, del nutrimento e dell’amore cristiano.
Arance e limoni abbracciano, anch’essi, i festoni di pietra, in ghirlande festose di buon auspicio e di connubio d’amore.

Questi frutti paradisiaci, infatti, i cui colori e forme richiamano al sole ed alla luce divina, alludono alla salvezza, alla fertilità ed al rinnovamento della vita.

La mandorla proviene dal giardino dei monasteri e dagli orti mediterranei e contadini. Fu considerata, insieme ad altre, pianta del Paradiso. Con i suoi dolcissimi frutti vengono tutt’ora preparati prelibati dolciumi locali di tradizione, come i pesci natalizi e gli agnelli pasquali di pasta di mandorla. Nell’iconografia medievale Gesù era spesso raffigurato all’interno della mandorla mistica, rappresentando la luce di Cristo e l’unione della sfera terrestre e celeste. Questo frutto è, quindi, allegoria della gloria, della spiritualità e della vita nascente.

La pigna è un’ulteriore raffigurazione di alchemico fascino metaforico che deriva, come tanti elementi floreali, dalla mitologia classica e dionisiaca. Similmente a molti frutti ricchi di semi, è considerata emblema della fertilità, riproduzione e potenza di vita, e simbolo di abbondanza ed immortalità dell’anima.

Non ultimo e solo, nello straboccante repertorio scultoreo-allegorico del Salento, si può incontrare qualche frutto di fico, che, da simbolo del peccato originale, assume il significato positivo di prosperità, fecondazione e salvezza, e di pero che indica la fertilità, la speranza e la salute.

9 pensieri su “Lecce, il barocco e la frutta”

  1. piacevolissimo saggio, cara Dianiela, da tradurre multilingue e far imparare a memoria in tutte le scuole della provincia (dalla scuola media in poi). Non scherzo. Ti offendi se ti ritengo sacerdotessa del barocco? Lo meriti. Deliziaci ancora con questi saggi

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  2. Grazie Marcello, so che sei sincero. Ti ringrazio di cuore.
    Il Salento lo ritengo “oracolo” incantevole, grazie alle sue chianche e pietre “parlanti” di Natura e Storia.

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  3. Nel più assoluto silenzio solo la tua voce che inonda tutti con le tue parole ricche di storie e di amore per tutto ciò che è SALENTO.
    Veramente bellissimo

    Antonio Saponaro

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  4. Studio approfondito nei vari aspetti artistico-culturali del Barocco Leccese. Indovinatissima la simbologia cristiana e anche i riferimenti filosofico-teologici in generale.
    Molto poetica quella “voce delle pietre salentine”: rivela una sensibilità che sicuramente è stata di grande aiuto nella realizzazione del saggio, nel quale, appunto, si nota un grande amore non soltanto per il Salento, ma anche per tutto ciò che è arte, soprattutto – anche se occultamente – per l’arte sacra.
    Complimenti Daniela! E’ quando leggo studi di questo liv ello che non faccio ‘sangue acido’ davanti alla parola “Cultura”.

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  5. Grazie Nino per la condivisione, ed aver percepito la passione che mi lega a tre grandi interessi, espressioni e manifestazioni di Amore, quali il Salento, l’Arte ed il Sacro.
    Onorata delle tue parole sensibili e generose.
    Tante sono le condizioni e concezioni della “Cultura”…il sangue si fa dolce quando c’è empatia ed affinità di percezione, emozioni, pensieri ed intenti. Ognuno, coltiva ciò che c’è nella propria personale cultura dell’essere.

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  6. Nel ringraziare Daniela Bacca per il sapiente spaccato sul barocco leccese, non posso fare a meno di ricordare i nomi di coloro che hanno reso possibile la meravigliosa decorazione dei monumenti di Lecce . Mi riferisco al Cino, al Riccardi, al Carducci , al Penna e soprattutto allo Zimbalo la cui opera si manifesta su quasi tutti i monumenti leccesi di maggior pregio. Come si evince anche dal testo che ho appena letto, Lecce racchiude in sé un profondo senso religioso misto ad un amore per la natura e per l’arte, che ne fanno una città unica nel suo genere, un gioiello che riassume nelle sue balaustre, capitelli, sculture, colonne, bassorilievi, rosoni, tutta la storia di una città nobile impreziosita dall’opera degli artisti che ho testé ricordato.

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