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Dote, matrimonio e famiglia

Copertina

Dote, matrimonio e famiglia.

Approfondimenti a margine di una carta dotale uggianese di fine ‘700.

Ed. Autorinediti, Napoli, 2010;  formato cm 15×21  - € 8,00  Pagine 104
Copyright Vincenzo D'Aurelio (2010) - ISBN 978-88-96680-28-5

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Dalla prefazione

La dote ha un lungo e diffuso retaggio culturale le cui radici affondano nelle antiche culture greca e latina. Nel Sud d’Italia è stata fino a poco tempo fa una consuetudine della cultura popolare, fondata sulla trasmissione di beni da parte della famiglia della sposa, all’atto del matrimonio, allo sposo con lo scopo di fornire una rendita nella formazione del nuovo nucleo familiare. Questi beni consistono in oggetti di corredo, di arredamento per la casa, di immobili, ma anche di denaro e gioielli. Lo studio di questo complesso di beni consente di risalire alla visione del mondo che la comunità ha elaborato nel tempo, sul rapporto fra gli sposi e le loro famiglie. La dote perciò assurge a momento rivelatore del sistema comunicativo fra gruppi diversi (famiglie) perché consente di formalizzare un contratto fra due persone in previsione di un’unione stabile che il matrimonio pone come obiettivo.

L’analisi di questa pratica presenta aspetti complessi. Basta dare una scorsa alle letture compiute da Vincenzo D’Aurelio, autore di questo saggio, per comprendere lo sforzo profuso nel dare al tema quel respiro che richiede un atto economico e burocratico quale è la dote. L’ obiettivo dell’autore è di riuscire a comprendere, attraverso uno strumento di analisi e documentazione quale è quello antropologico, il ruolo occupato dalla dote nel legame matrimoniale. Egli mostra come la dote assuma un ruolo centrale nell’efficacia del legame matrimoniale. Essa non rientra nella sfera del “gratuito”, del “dono”, ma è il risultato di un contratto discusso fra i membri delle due famiglie coinvolte nella formazione del legame e riguardante un complesso di beni materiali stimato economicamente dalla famiglia dello sposo, o da parenti dello sposo, e fissato in un atto notarile.

Lo studio prende l’avvio dalla evoluzione storica del matrimonio e della famiglia (in particolare quella patriarcale) nei cui aspetti relazionali è racchiusa la questione storica, giuridica , economica e sociale del sistema dotale le cui fasi alterne di esistenza e declino lo rendono un indicatore importante per comprendere il ruolo sociale della donna.

Indubbiamente, la soppressione della istituzione della dote, introdotta dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 ( legge n. 151), sancisce la parità formale e sostanziale fra uomo e donna uniti nel matrimonio fino al punto di vietare anche una sua reintroduzione, anche se mimetizzata in forme arbitrarie. Ciò ha sconvolto una premessa ritenuta come architrave del legame matrimoniale. Come questa modificazione abbia contribuito alla trasformazione dell’immagine femminile in seno alla comunità, è un capitolo tutto da scrivere. Possiamo asserire che senza dubbio, alla fine del ‘700, epoca di riferimento del documento su cui si basa il saggio di D’Aurelio, era ancora lontano quel protagonismo femminile che sfocerà alla fine del secolo successivo nel movimento di emancipazione che produrrà, per la donna, cambiamenti politici e giuridici. La vita della donna, pur apparendo tutelata da una porzione dell’eredità della famiglia di provenienza, era in realtà condizionata da questo espediente che la escludeva dalla ulteriore successione familiare. Se si tiene in considerazione il fatto che la dote era un impegno del legame matrimoniale, si comprende la sua natura specificatamente economica che consentiva l’alleanza fra le due famiglie dove le scelte affettive della donna rimanevano sullo sfondo se non proprio prive di validità.

Probabilmente è frettoloso leggere questo istituto come prettamente “mercantile” perché poteva essere giustificato come un contributo della sposa alle spese matrimoniali, ma non modifica il senso di una misura che poneva la donna in uno stato di inferiorità rispetto all’altro sesso. La diversità del ruolo sociale fra uomo e donna è manifesto nella mediazione che l’uomo ricopre nell’amministrazione della dote che solo in teoria è nel vincolo coniugale di proprietà della moglie. In realtà la moglie esercita sulla dote, solo se autorizzata dal marito, una gestione parziale attraverso lo “spillatico”, una somma corrisposta periodicamente per le minute spese personali, anche questa stabilita attraverso un contratto, a volte del tutto assente.
Dal tipo e valore dei beni che la sposa recava con sé si poteva arguire il suo status sociale. E’ questo un aspetto, anch’esso rilevante, della riflessione di D’Aurelio. Le considerazioni su questo istituto divengono più incalzanti allorquando concernono la realtà meridionale, e ancora di più quella salentina, con la carta dotale del 1784 di Uggiano la Chiesa dalla quale nasce l’ispirazione di questo studio. D’Aurelio descrive la composizione della lista dei beni materiali che fondano la dote: capi di biancheria personale, vestiti, lenzuola, coperte che costituiscono il corredo, specificando per ogni articolo di abbigliamento i tessuti utilizzati per la loro manifattura, gli elementi costituenti il mobilio, la tipologia dei gioielli, le masserizie ed altro ancora. Nell’excursus storico-giuridico sul matrimonio, da lui ritenuto un momento indicativo della “storia della famiglia”, riecheggiano tutte le implicazioni sociali, economiche e religiose, in altre parole il contesto culturale e familiare dell’epoca.

Di questo comune della provincia di Lecce D’Aurelio traccia un quadro economico e sociale del periodo concernente la stipula della carta dotale e delle famiglie interessate. Nella trascrizione e analisi dell’abbigliamento, del corredo e delle pietre preziose non trascura di fornire informazioni riguardanti i loro aspetti simbolici, storici ed economici. Mostra inoltre come le nozze sono il pretesto della nobiltà per stipulare alleanze fra parentadi omogenei, un comportamento che sarà preso a modello da altri ceti sociali, solo che, mentre nelle famiglie artigiane le caratteristiche nella valutazione della donna da sposare dovevano essere dedotte in previsione di un proseguimento dell’attività artigianale, nelle comunità contadine la prospettiva è quella della procreazione di una numerosa prole, quale forza-lavoro per la produzione agricola.
Questo studio ha il merito di collocare un aspetto della cultura in un’ottica di interdisciplinarietà. D’Aurelio valuta tutti gli aspetti economici, storici, sociologici, giuridici, simbolici della dote al fine di spiegare compiutamente questo sistema, le regole di trasmissione e della proprietà dei beni.

Egli completa lo studio con un utile dizionario dei termini specifici presenti nel documento pubblicato della carta dotale. Esso ha caratteristiche etimologiche e storiche. Per molti lettori sarà uno strumento per ricordare termini oggi non più utilizzati, per altri può essere una fonte di conoscenza di parole che nella loro semplicità davano concretezza ai beni dotali. Dalla terminologia si comprendono le origini di tessuti e capi di abbigliamento che completano l’affresco sul costume salentino che emerge dalla elencazione riportata nella carta dotale.

Resta da indagare, come accennato prima, quanto la scomparsa di questo istituto abbia effettivamente portato ad una modificazione del costume. In realtà ancora oggi sopravvive la consuetudine della famiglia della sposa di pagare le spese matrimoniali ed il corredo, e in particolare l’acquisto della camera da letto, cioè una forma di contribuzione alla vita matrimoniale nonostante le interdizioni legislative esplicite ed implicite. Non è oggi più sancito da una legge, ma è una regola comportamentale connaturata in larga parte della comunità. Un criterio per valutare l’efficacia di questa consuetudine nella costruzione di un legame è quello di capire come l’eliminazione della legge sulla dote abbia modificato i rapporti fra le famiglie interessate al buon esito del legame matrimoniale o sia semplicemente un atto discrezionale che va al di là della vivacità di un rapporto affettivo. Va infine considerato che la sopravvivenza di questa consuetudine, laddove non esistono problematiche di discriminazione fra i sessi, ha valore per i suoi aspetti simbolici più che per ragioni economiche.

Sin dall’inizio di questo studio D’Aurelio avverte di non voler proporre nuove interpretazioni o teorie sulla dote. E’ vero, ma i temi affrontati consentono di affermare che è un contributo sistematico importante per la ricostruzione di un aspetto poco noto del contesto culturale salentino.

prof. Cosimo Giannuzzi

Vincenzo D’Aurelio nasce a Maglie il 28 marzo del 1974. Studioso e ricercatore di storia patria è membro della Società di Storia Patria per la Puglia sez. Maglie, Otranto e Tuglie. Autore di diversi articoli per alcune testate locali collabora attivamente con Cultura Salentina, rivista telematica di pensiero e cultura meridionale. Ha pubblicato: “Della famiglia D’Aurelio: storia di una genealogia salentina” (Maglie, 2008), “Muro Leccese, 2 Luglio 1943” (Muro Leccese, 2009), “Sant’Antonio Abate: un culto millenario nella storia religiosa di Maglie” (Maglie, 2008) e, assieme al sociologo magliese Cosimo Giannuzzi, ha scritto “La figura di Francesca Capece e l’origine dell’istruzione pubblica a Maglie” (Maglie, 2010).

10 pensieri su “Dote, matrimonio e famiglia”

  1. Come non concordare in pieno con la bella, esauriente e dotta recensione del Professore Giannuzzi? E come non complimentarci con il caro Vincenzo D’Aurelio per questo saggio sulla dote nel Salento? L’opera è un ulteriore tassello di storia patria che ci viene regalato e merita larga diffusione. Grazie Vincenzo e “ad maiora”.

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  2. E bravo il nostro Vincenzo. La macrostoria è la proiezione di ogni microstoria…bisognosa di essere consegnata alla memoria. Grazie e un abbraccio!

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  3. Sei sempre grande caro Vincenzo. Tanto per rimanere in tema, quando scriverai qualcosa sulle mammane? Ho una nipote da poco laureata ostetrica che mi ha toccato molto quando racconta il suo speciale lavoro con gli occhi lucidi di gioia ed emozione.
    Ciao Vincenzo e buona domenica.

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  4. Complimenti per il tuo nuovo lavoro.
    Un grazie – da parte mia – va anche rivolto a tua moglie e tuo figlio che ti congedono il tempo necessario a svolgere le tue dettagliatissime ricerche che sono alla base dei tuoi testi.

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    1. Cari Piero e Giuseppe,
      grazie infinite!
      Piero, per quanto concerne il tempo che mi lascia mia moglie e mio figlio devo confidarti che generalmente, se non lo rubo, la notte e la mattina presto dormono e io dedico qualche oretta ai miei studi.
      Giuseppe, lo sai che trovai a proposito di mia bisnonna il nome della levatrice che fu poi anche la sua madrina? E’ vero bisogna scrivere qualcosa…
      Un abbraccio, AMICI MIEI!

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  5. Gentilissimo D’Aurelio,
    nel complimentarmi personalmente per la tua ultima fatica, ti pregherei, se possibile, di fare omaggio alla Biblioteca comunale di Maglie delle tue pubblicazioni, per il Fondo Locale che, come ben sai, è uno dei più forniti della provincia.

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  6. Desidererei sapere a quanto poteva ammontare la dote matrimoniale tra persone benestanti, all’incirca, nel milanese nel’800, e a quanto potrebbe corrispondere oggi.
    Grazie
    Maria Casini

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    1. Ciao sig.ra Maria,
      è difficile dare una valutazione in termini pecuniari alla dote. Generalmente in quelle ottocentesche si allegava all’elenco dei beni anche una stima. Provate a scaricare il mio testo in questo sito per avere un’idea del valore. Non esiste, tuttavia, alcun standard o proporzione tra una dote di benestanti e quella di popolani. Generalmente i benestanti consegnavano alla figlia prodotti di maggiore qualità mentre i popolani ne avevano di più ma meno pregiati. Difficile dunque risolvere il dilemma. Se desidera può mettersi in contatto con me, vdaurelio@tiscali.it, e potrò dare un’occhiata alla dotazione matrimoniale.
      Saluti
      Vincenzo

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