Poesia, Scrittori salentini, Scrivere il Salento

Una poesia senza parole: il diavolo non sa ballare

di Lele Mastroleo

© Pasquale Urso: incisione

…spalanco le mani verso di te, che volti le spalle nell’infinito e con le palpebre socchiuse dallo scirocco imiti quel vento sacro che mi spaventa, e cerco le tue braccia per coprirti dalla pioggia e spingere l’anima allo spasimo, ma rimango fermo, aspetto un tuo sorriso, un tuo segnale che non tarda ad arrivare, sollevi la testa ed inizi a danzare. Quale cielo le hai mandato, iddio, a coprirle la vista? Che in questa notte di buio e mistero si vede solo l’azzurro dei suoi occhi? Quale mattino di mare hai strappato al destino donandole quello sguardo? E quale macariale facesti sapendo che la taranta le esplodeva nella pancia e le faceva sentire il freddo del morso e delle chianche?

Balla Agostina, balla amore mio. Muovi anche le onde, fanne corolle di forme e fatti schiava della luna e dell’isteria dei suoi chiarori. Lacera dai calcagni la pelle che ti fa mortale e rendi la terra fertile con il tuo sudore. E getta l’anima sulle cosce e falla vibrare, mandale tutti i sospiri e gli affanni e rimetti i respiri in un cassetto per l’inverno più niuru.

E rimango con le mani verso di te e cerco avvicinandomi di cingerti i fianchi, ma scappi via. Dovresti vederti mentre le tue gambe si muovono frenetiche e le tue labbra si serrano nello sforzo,che sembran quasi di dover urlare un atto di dolore all’arrancare allo strisciare allo squarciare che quella danza reclamava, dovresti vedere il collo che mulina frenetico, dovresti vedere le spalle mentre spingono in alto la testa come se dovessero ogni momento conquistarsi un pezzo in più di cielo.

Resto lì con un fazzoletto tra le mani e con in una tasca quel biglietto che mi tormentò le ultime due settimane .

Mecu,dove sei?- si sentiva tra la corte la voce di mia madre che chiamava per la cena

– Vieni dentro che è tornato tuo padre, non mi far fare le scale. Mecu

E avevo messo il chiavistello alla porta di mezzo per non far entrare nessuno. Avevo lasciato aperto solo lo scuro che dava sulla corte per far entrare la porzione di luce che bastava: …dumma la luna stasira,vecchiu sacrestanu te lu cielu,minti lu saliscinni allu core e mparime lu postu te le chiai, fanne te le stelle ‘n cielu per lu pettu sou nu russu velu, e le fiaccule te lu sonnu mandali stanotte sinu crai…  scrissi questo e poi dell’altro per finire quella poesia da regalare ad Agostina quella sera di quasi estate, per la festa de Santu Nicla, e molte lacrime versai per poter capire di quanto il cuore fosse capace ed ogni lacrima che sfuggiva sentivo il sapore delle sue labbra sfiorare le mie e sentivo il calore delle sue mani mentre mi accarezzavano le spalle in quell’unico abbraccio che riuscì ad avere la domenica prima della novena pasquale.

Balla Agostina, che il diavolo vada a morire questa sera, che tutte le anime dei dannati diventino un unico coro e che la musica riempia le nuvole e le spinga verso occidente e che scarichi fulmini e lampi il nostro dio, e che mandi tutti gli angeli del paradiso a batterti le mani. Balla amore mio, che sei acqua e vento, che sei anima e tormento, che sei passione e sangue e che nel tuo confronto perdono significato anche le migliori parole dei santi. Poi ti fermi un momento e tirandomi un lembo della camicia mi catturi e mi spingi verso il tuo petto e stringendomi con tutta la forza mi sussurri ad un orecchio:

– Dove è il mio orgoglio di donna,in questa notte dai colori di tutta la felicità e di tutta la serenità? Dove hai messo le mie mani, dove hai messo le mie braccia e le mie gambe? Dove hai nascosto la ragazza che addentava il mondo a morsi? E quella ragazza che ha perso la virtù dietro lo scoglio della Serpe, rapita dalla bellezza delle tue parole e dal silenzio dei tuoi sguardi, cosa ne hai fatto di quella ragazza, mio dolce assassino? Dove sono le tue promesse e le tue speranze?

Le voglio contare una ad una ed attaccarle alle mie finché non coincidono tutte! Voglio sentirti dire che non puoi più fare a meno di me finché non arriverà il fuoco della morte a cucirti le labbra. Ed io che tremavo come un giunco alla tramontana di novembre, apro la bocca per poterti dire di quanto sia capace il cuore, di quante notti ho sognato un solo tuo sguardo, delle tante volte che son passato vicino a casa tua solo per poter sentire al tua voce, di tutti i biglietti scritti e poi strappati che ti avrei voluto mandare, ma una sola frase mi esce in questo momento:

– Balla Agostina, balla amore mio che iddio solo sa quante lacrime ho pianto per sentirti ballare solo per me, questa notte…

8 pensieri su “Una poesia senza parole: il diavolo non sa ballare”

  1. ‎… una danza, un richiamo, passi e passione, da guardare e seguire, da chiamare e sentirsi chiamare, da vivere e desiderare come l’acqua nell’afa di agosto. Ma di quanto è capace il cuore, di quali segreti, di quale forza, promessa e ricordo? Scrigno di felicità e incantesimo d’amore, musica che seduce e luce che abbaglia, dolore che annienta, che strazia ma che ripaga di una gioia senza confini.
    … “iddio solo sa quante lacrime ho pianto per sentirti ballare solo per me,questa notte”…
    … balla, un amore, su note d’infinito e in un solo sguardo …

    … quando hai finito di leggere, la musica continua, lo sai lele? …

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    1. …ola,POETA,un enorme grazie.è solo il vostro riflesso.quello che riesco a rubare alle vostre emozioni.a quello che mi “concedete” con le vostre parole,e nel tuo caso anche con le tue immagini…

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  2. Ritmata, avvincente. Rimanda a tutte le forze di una natura arcaica dove emozioni e bellezza rimangono incontaminate …Grande Poeta Lele Mastroleo!

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