
di Maria Grazia Anglano
Bisogna scrivere col silenzio del tuono
sulle barbe incise della nostra vita.
Arrivare radente, percepire il vuoto
e ricucire la carne piana del foglio.
Bisogna bagnarsi, imbrattarsi, tingersi
essere segno sul bianco immacolato
di una notte insonne che scrive pallori
di luna, che appaia gli angoli sghembi
dell’amore, che conduca granelli di
secondi a sversarsi nel caos delle ore.
Bisogna prendere il bagliore di un lampo
per scrivere di luce sulla pelle nera
di pagine aperte al soffio d’anima.
Non capiscono nulla
Entrò dal barbiere, disse – tranquillo:
“Sia gentile, mi pettini le orecchie”
Il liscio barbiere, d’improvviso, divenne conifero.
Il viso gli si allungò, come una pera.
“Pazzo!
Rossiccio!”
Saltellarono le parole.
La bestemmia si dimenava da pigolio a pigolio,
e a lu-u-u-u-ngo
ghignava la testa di qualcuno,
svellendosi dalla folla, come un vecchio ravanello.
1913
(Vladimir Majakovskij, 1913)
(trad, di A. M. Ripellino)
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Grazie dell’attenzione Antonio S. e della poesia di Majacoschij. Un poeta che mi piace particolarmente, dirompente e appassionato che conserva intatta la sua attualità.
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Parola, silenzio
Siccome un bel tacer non fu mai scritto
un bello scritto non fu mai tacere.
In ogni caso si forma un conflitto
al quale non si può soprassedere.
Dell’ossimoro fatta la frittata
-tale fu la richiesta truffaldina-
si diè inizio a una torbida abbuffata
del pro e del contro in allegra manfrina.
Sì parola, sì silenzio: infine assenzio.
(ANDREA ZANZOTTO, da “Conglomerati”, Mondadori, Milano, 1999)
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Dall’avanguardia cubofuturista russa al nostro illustre poeta Andrea Zanzotto. Grazie carissimi, del dono di questa tenzone fra grandi maestri della letteratura, come originale saluto di benvenuto. Sono tra l’altro poeti a me molto cari.
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