Arte, Cultura salentina, Pittura

Il mondo pittorico di Tina Marzo

di Josè Van Roy Dalì

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Nel mondo pittorico di Tina Marzo dove l’arte fa concorrenza alla realtà soffermarsi solo per un attimo, con un rapido sguardo, sulle immagini poste mirabilmente su ogni sua tela, è quasi come entrare in un enigma. E il primo dubbio che sorge istintivo è se siano fotografie oppure dipinti esageratamente reali. E da quel momento in poi, dopo esserci assicurati dell’origine manuale di ogni opera, creata con certosina applicazione dall’Artista che ha coltivato la sua passione per l’arte in ogni sua forma sin dall’infanzia, non riusciamo più a smettere di stupirci. Colori, dinamismo, ricerca e perfezione si susseguono e si riscoprono ad ogni nuova osservazione. Visionare ogni nuova composizione di Tina Marzo, nella sua quotidiana sfida alla realtà oggettiva delle cose, è come entrare in una favola infinita, costituita da miriadi di immagini, in cui rimane sempre più difficile distinguere dove finisce la realtà e dove comincia l’immaginario, e dove la realtà fotografica tridimensionale confonde lo spettatore più esigente con effetti speciali creati talvolta non solo per stupire gli altri ma per completare l’appassionata ricerca della perfezione attraverso il continuo esercizio, proteso con passione oltre ogni limite di quel dono naturale.

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San Francesco e il Crocefisso nella chiesa di San Silvestro

Nella traboccante galleria di immagini (prevalentemente ritratti) dei più svariati personaggi, da quelli pubblici a quelli meno noti e solo apparentemente più comuni, si evidenzia nelle intenzioni dell’Artista il desiderio e la non comune capacità di far emergere, da ogni singolo ritratto, la reale espressione dell’anima che magicamente riesce a focalizzare nella giusta luce grazie al suo intuito e alla sua sensibilità. Impossibile non citare i molti ritratti realizzati amorevolmente da Tina su fogli di cotone con matite di grafite: il volto genuino, come il verbo personale che lo distingue, del professore e storico dell’arte Vittorio Sgarbi oppure il volto sorridente di Marylin Monroe, o il dinamico ritratto del mitico Enzo Ferrari.

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Ritratti

Tra i tanti volti di un’umanità contemporanea, come scavati nella roccia calcarea dei sentimenti più occulti, emerge, a stupirci ancora una volta, simile ad una roccia che fuoriesce dalle magiche acque dell’incontaminato mare salentino o di quello altrettanto limpido della Costa Brava, il ritratto dello zio Manzio, talmente suggestivo nella sua apparente realtà da crederlo intento a fuoriuscire dalla tela in cui è tecnicamente circoscritto. E ancora, come non citare il volto di Madre Teresa di Calcutta, la cui intensa espressione, offerta dalla perizia artistica di Tina Marzo, sostituisce appieno la temporanea mancanza di eloquio, evidenziando con la forza della fede un muto ma intenso messaggio di pace.

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Madre Teresa di Calcutta

Del vasto panorama pittorico femminile che ha arricchito con egregie testimonianze e in ogni epoca la storia dell’Arte, quasi a dimostrare, anche se non ve ne sarebbe stato bisogno, che il ruolo di Artista in ogni parte del mondo, malgrado qualche sporadico residuo pregiudizio maschilista, spetti di diritto a chiunque, uomo o donna che sia, vuoi per merito naturale vuoi per tecniche faticosamente acquisite con puntigliosa dedizione attraverso il proprio lavoro, si dimostri in grado di emozionare e sorprendere lo spettatore con la propria opera, indipendentemente dal proprio status fisico, in un mondo in cui, malgrado l’impegno universale per il recupero di innumerevoli quanto giusti diritti in buona parte faticosamente acquisiti, esistono ancora donne di grande talento che tuttora vengono penalizzate ingiustamente. E’ bene ricordare, con un brevissimo elenco che potrebbe allargarsi a dismisura, alcune delle emerite Artiste del gentil sesso che si sono distinte in passato surclassando più di qualcuno tra i colleghi della loro epoca che avevano avuto la fortuna di nascere maschi. Da Leonor Fini a Tamara De Lempicka, da Artemisia Gentileschi a Frida Kalo ed Elisabetta Siriani, figlia di Giovanni Andrea Siriani, anche lui ottimo pittore e principale assistente di Guido Reni. Da Marietta Robusti (figlia del Tintoretto), a madame Louise Moillon, da Sarah Bernardt a tante, tantissime altre che, con il loro talento e la loro genialità, ebbero a dimostrare con straordinaria forza di non essere da meno di alcuni tra i numerosi colleghi di sesso maschile, ma di essere addirittura più brave così come testimoniato dalla storia. E, come in una passeggiata virtuale tra le numerose creazioni elaborate da Tina Marzo con perizia sopraffina notevolmente affine ai suoi archetipi sopracitati, è facile soffermarsi con lo sguardo incantato presso una crocifissione di San Pietro del Caravaggio, incantevole rielaborazione personale in olio su tela, per appagare successivamente gli occhi, ancora sorpresi, con la visione di una Madonna ancora bambina il cui impatto emozionale invita alla prece. E ancora i suoi disegni anamorfici che, come magici giochi di prestidigitazione elaborati da un grande mago, sorprendono e ingannano ancora una volta anche gli occhi più smaliziati di uno spettatore oltremodo esigente.

Fin dalla prima infanzia ho apprezzato con crescente curiosità il prodigioso spettacolo offerto dalla natura circostante, ritenendolo qualcosa di unico e miracoloso, come l’opera d’Arte suprema e irripetibile di un visionario lungimirante, in grado  di stupire costantemente l’umanità nel corso dei secoli. Da tale meraviglia, costituita da una moltitudine di colori, da una bellezza naturale e da una vitalità originale, l’uomo ha preso a prestito i concetti tecnici basilari per le proprie invenzioni e i concetti estetici con i quali i più grandi Artisti della Storia si sono confrontati con la realtà superlativa assoluta, per sentirsi più vicini al proprio Dio e per omaggiarlo con il proprio progetto creativo, destinato a divenire nel corso dei secoli un diverso modo  di dialogare virtualmente con il resto dell’umanità e di interrogarsi sul mistero infinito che avvolge da sempre la sua storia.

Credo sia, in un certo senso, giocoforza  ritenere ogni genere di disciplina artistica alla stregua di un vero e proprio linguaggio universale, più o meno comprensibile, con cui comunicare, ad interlocutori sconosciuti, messaggi, stati d’animo o vere e proprie sensazioni subliminali. Più le differenze tra le opere e i loro modelli naturali si assottigliano, più fanno salire vertiginosamente apprezzamento e ammirazione nei confronti dell’autore, che con la sua perizia elargisce  ai fruitori del suo manufatto artistico emozioni inaspettate ed intense. Personalmente non ho mai visto di buon occhio ogni ulteriore intervento esplicativo oltre quello già stabilito direttamente dall’Artista, attraverso il suo “linguaggio” artistico, specialmente quando certe opere sono in grado di “parlare” sinceramente al pubblico come quelle di Tina Marzo.

Personalmente ritengo l’Arte un magico meraviglioso mistero che non abbisogna di alcuna indagine esplicativa supplementare. Spiegare un libro oppure un brano musicale, o anche la bellezza mozzafiato di un panorama, o anche quella di una persona, non toglie e non aggiunge nulla a quello che siamo in grado di percepire e valutare autonomamente. Difatti, l’Opera di Tina Marzo, come “Musica sull’acqua” suite n.2 di Haendel, come “Valzer dei fiori” di Tchaikovsky assieme a tante altre melodie immortali, non andrebbe spiegata affatto, ma apprezzata liberamente nella propria essenza. Pablo Picasso affermava: “Tutti vogliono capire la pittura. Perché non cercare di capire il canto degli uccelli? La gente ama la notte, un fiore, tutto ciò che li circonda senza cercare di capirlo. Ma la pittura – quella la devono capire.”

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zio Manzio

Ma cos’è che rende speciale l’opera di un’Artista eclettica e meticolosa come Tina marzo? E come riesce l’Artista che è in Tina ad impreziosire gli innumerevoli personaggi famosi con la vivida luce vitale che sembra trasferirsi dalla profondità dell’anima del modello prescelto ad animare di vita propria un foglio di carta? Ancora una volta è facile perdersi con lo sguardo in un’opera di Tina Marzo, trascurando temporaneamente il grande mistero dell’Arte che confonde i nostri occhi con la sua magia. Non a caso, diversamente da Picasso, Alberto Savinio sentenziò: “Chiarire un mistero può essere indelicato verso il mistero stesso”. Che senso avrebbe infatti approfondire l’ipotetico enigma se gli effetti derivanti dallo stesso sono assolutamente positivi? Forse la vera missione di un artista dovrebbe essere quella di mediare, attraverso il proprio lavoro, quella comune realtà visibile ai più come unica e insostituibile: “filtrarla” attraverso la propria visione di artista, supportata dalla sensibilità personale dei nobili sentimenti di chi, malgrado tutto, riesce a stare virtualmente al di sopra delle parti, per restituirla come “modificata geneticamente”, con la complicità del proprio estro e della propria tavolozza, a futura memoria, per quella porzione di umanità che sembra aver perduto nel corso del tempo, assieme ai propri ricordi, anche il piacere della contemplazione”. “Dove si perde l’interesse, si perde anche la memoria”, affermava Goethe. E vorrei concludere questo personale omaggio all’Arte di Tina Marzo con l’emblematica testimonianza di Picasso nei confronti dell’arte : “L’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità”.

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