di Cesare Minutello
a Maria
vedo luminarie di gioia e letizia
nei suoi occhi
dove gli aquiloni sono rami d’arcano
dalle foglie che pulsano di mille luci
filare d’un interminabile natale alare
e vedo fiaccole di primavere
nelle sue mani
dove i campi sono un cuore
dalle volte a stella:
è questa la mattina che dell’usitato
l’inferriata sradica e la grata
quando mareggio raccoglie crepe, frane
e i nodi ne scioglie
col rivolo vitale della tela
Complimenti, Cesare, bella poesia. Mi piace moltissimo.
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Leggo ora il commento dell’amico scrittore Lucio Causo e lo ringrazio per il tempo che ha voluto dedicare leggendomi.Che la lettura della mia Volte a stella non lo abbia infastidito è per me già abbastanza. Perché io scrivo essenzialmente per me stesso e se pubblico qualcosa, di tanto in tanto, lo faccio solo se attorniato da ambienti amichevoli, come quello di Cultura Salentina, appunto. E per spirito di squadra, in questo caso sempre per la “nostra” rivista”. Stevens ha scritto che una poesia spiegata è una poesia morta. Non mi azzardo a spiegare il mio elaborato. E poi, chi può affermare senza tema di smentita che il proprio “andare a capo” sia effettivamente Poesia?. Però qualche indicazione la esprimo, visto che anche in questo caso qualche lettore ha manifestato la presenza di non poche oscurità nella comprensione del testo. Se è vero che la dedica indica una persona reale, non è detto che lo svolgimento parli solo e soltanto della Maria in esergo citata. Non scordiamo perciò Midons, la Donna/Poesia cara a Giovanni Giudici, per esempio. La “grata” è un (modesto) riferimento alla “Grata di parole”
( Sprachgitter ) di Paul Celan. E la “tela” dal rivolo vitale dell’ultimo verso è quella di Penelope, qui intesa come “qualcosa che non finisce mai”. Dunque da chi o cosa sono sciolti i nodi? Non aggiungo altro per non condannare a morte ila mia già fragile creatura
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