La zingarella, ora lì a contare le poche monete che qualcuno passando le ha lasciato per debito di credenza, mi ha letto poco prima la mano. Ha visto la mia vita a venire, ma ha voluto tacermi tutto. L’ho capito dal suo sguardo che si perdeva, dal parlare che non le riusciva di fare, dalla tristezza del cuore che le aveva rabbuiato i grandi occhi verdi. Le mani le tremavano. Il futuro che aveva visto di me era già ieri per lei. Continua a leggere “La zingarella”
Lucian Freud: Testa di ragazzo, 1952 di (1922-2011
Un tempo, nell’immaginario popolare, i deformi nel corpo e nella mente venivano indicati come i “segnati te Diu” dai quali bisognava guardarsi perché maligni e cattivi: dovevano essere tenuti a debita distanza.
I giudizi negativi erano rivolti sia agli uomini che alle donne, specialmente a quelle di bassa statura considerate un concentrato di malignità o a quelle brutte che con la loro “facce te cuccuasçia” erano ritenute presaggio di disgrazia. Continua a leggere “Difformità corporali e avversità di alcune vocazioni”
Fu un attimo di debolezza quel suo abbandonarsi all’onda dei ricordi.
Di colpo il sapore dolcemente triste della nostalgia impregnò di sé quel suadente sciabordio di vicende sepolte da anni nei recessi più oscuri della sua mente. All’improvviso, quasi a tradimento. Continua a leggere “Quello strano brusio -prima parte-“
-pagina a cura dell’Osservatorio Poetico Salentino-
Pasquale Urso: Colori e sapori (olio su tela)
A prima vista l’opera di Bruna Caroli si presenta come un prosimetro che alterna pensieri di riflessione a testi poetici. Di fatto, in una sorta di Zibaldone, l’autrice raccoglie e dipana il proprio pensiero attraverso “percorsi tematici” facenti capo a singole voci (Vita e Morte – Giudizio – Perdono …) che accompagnano la sua poesia, o meglio, il suo canto, frutto ed espressione profonda del suo sentire. Continua a leggere “I dialoghi del silenzio -la poesia di Bruna Malinzi Caroli-“
(io mi attardo ai tavolini del bar per leggere le terze pagine del Messaggero quel che passa il convento di Miriam, la barista)Continua a leggere “Fernando”
di Lorenzo De Donno
Quel piccolo cimitero di campagna mi appare, ogni volta, dopo una serpentina di curve che, in quel tratto lievemente degradante, movimenta la monotonia della provinciale. Da quel momento in poi la carreggiata si restringe, perdendo le banchine transitabili, con l’asfalto che diventa sottile come una lamina e poi si separa in placche, sconfinando quasi nell’erba alta. Per alcune centinaia di metri la strada si allunga in un rettilineo che, se affrontato in accelerazione già dall’uscita dell’ultima della curva, è sufficiente per disimpegnarsi da un motocarro, da un trattore o da un’auto particolarmente lenta che precede. Subito dopo, però, una curva stretta a destra costringe a una pronta frenata e toglie ogni possibilità di scorgere in tempo i veicoli che sopraggiungono in senso contrario. E’ frequente, pertanto, di dover concludere il sorpasso con un rientro repentino, avendo già di fronte un veicolo che risale dalla marina. Continua a leggere “Liselotte”
Ma a che cosa servono le parole ci sono cose che vanno vissute ci sono cose scritte dentro ogni nanomolecola del nostro trabiccolo corporeo che ci tengono assieme in modo così ordinatoContinua a leggere “Umana specie”
Ci fu un’estate lunghissima e interminabile che estendeva i suoi giorni come un elastico tirato da due parti opposte.
Le ore erano dense, colme di fatti che accadevano per la prima volta e che dovevano rimanere per sempre nella memoria.
Un tempo che si prolungò così tanto da non apparire vero, oggi. Continua a leggere “L’isola”