di Franco Albani

Situata a 30 metri sul livello del mare, a sud di Otranto in località Orte, la torre segna il punto più a est d’Italia.
Della costruzione originale, risalente al periodo romano e successivamente restaurata nel Regno di Federico II, rimane in piedi circa la metà.
Oltre a torre di avvistamento la sua funzione primaria era quella di faro, sostituita nel ‘900 da quello della Palascia: scorgerla dal mare per alcuni significava “casa”, per altri “rotta da seguire”.
La lampada del faro, posta in cima alla torre, era alimentata da olio di oliva o di balena, del quale si riteneva, secondo la leggenda, fosse ghiotto il mitico serpente marino da cui la torre ha preso il nome.
Più di una volta il rettile si era arrampicato ingurgitando il liquido con il conseguente spegnimento del faro.
Una notte il prezioso segnale luminoso si oscurò mentre un vascello veneziano cercava un approdo: fatalmente andò a schiantarsi sugli scogli inabissandosi con tutto il suo equipaggio che ogni tanto, fantasticamente, vedono passeggiare lungo la costa.
Un’altra leggenda narra che pochi anni prima della presa di Otranto nel 1480, i saraceni si erano diretti verso la città salentina per saccheggiarla.
Anche in quella occasione il faro si spense, grazie al nostro serpente, facendo perdere i punti di riferimento ai pirati che proseguendo andarono a saccheggiare Brindisi.
E così il rettile ingordo si guadagnò il posto d’onore sullo stemma civico del Comune di Otranto.