Il sole è ancora giallo ed esagerato, come lo disegnano i bambini all’asilo. Anche la luna, stanotte, era uno spettacolo: luna piena, bella e sprecata giacché a lei gli spettatori, di norma, si negano, o le riservano sguardi distratti, preferendo le rappresentazioni e le riproduzioni all’originale. Oppure cedono al sonno dei giusti o a quello cercato da coloro che non reggono a lungo i pensieri. Continua a leggere “Almanacco di ottobre”
Francesco Capuano: Paesaggio con alberi, olio su tela
Poi decisero di alleggerire, con una potatura chirurgica, gli alberi che seguivano il muro di cinta del nostro cortile: un enorme abete e un’altra splendida conifera, forse un cedro del Libano, che sembrava – con i suoi rami protesi a raggiera – abbracciare il mondo dal basso e assorbire l’energia dell’universo con le cime più alte. Erano cresciuti tanto che ormai avevano superato i terzi piani, erano diventati invasivi rispetto ai fabbricati e un fortunale avrebbe potuto sradicarli, o rompere i rami più grossi, e creare danni alle cose e alle persone. Era un sacrificio necessario. Continua a leggere “La potatura”
G. Diso, Giovanni Pascoli, olio su legno, cm 70×80
Quelle macchie azzurre che son fiori di brina rossa, «furia cupa dei rampicanti» direbbe Neruda, risoluti affanni negli anfratti invisibili del tempo, bianche corolle nei crepuscoli infelici come la selva e il mare, piombano in me coi palpiti degli inverni piovosi. Dolcissimi strali mi giungono in un andirivieni di sorrisi, sussurri evanescenti quei moti dell’anima, quei «folli rimpianti, i sudori di sangue io li conoscevo», ma «in silenzio continuammo a girare». Sì, «è dolce danzare al suono dei flauti su occhi avidi per un ultimo sguardo al cielo». C’è Wilde in questi versi, c’è il sussurro della sera nei pensieri che non hanno parole. Sui muri delle ciminiere impazzite nell’oblio – per Hikmet – delle «superfici piane», trovo smeraldi blu. Ma «la ribalta è lunga» per Rimbaud come «la cetra armoniosa» di Saffo che «ama i poeti», «ombra di rose» che «da mormoranti fronde stilla sapore», «ricchezza senza virtù» «quando per tutta la notte il sonno li prende».
Gino questa sera mi ha accolto con addosso una sgargiante magliettina arancione e verde, di quelle che trovi a tre euro al parco della Montagnola o alla fiera dei morti, in quella bancarella della nonnina di una vecchia canzone di Guccini o di Lolli. Continua a leggere “…ricordi (1)”
Mi sono sradicata da dosso l’Umanità un tempo. I rami delle braccia li ho annodati al tronco. Ho fatto di me un busto. Continua a leggere “Speranza in canto”
…piove, di un leggero e bianchiccio gocciolio che solo ottobre riesce a fare. L’androne si riempie di foglie disparate e tristi, sulla piazzetta della torre una mosca volteggia in cerca di riparo, Continua a leggere “Piove…”
Cappuccino freddo alla magliese. Scusate se nomino le marche (che non mi sponsorizzano) ma certe specialità sono obbligatorie per garantire l’eccellenza del risultato. Continua a leggere “U Cannarutu!”
Pompeo Batoni, Apollo istruisce le Muse Euterpe e Urania, ca. 1741, Varsavia, Museo Nazionale
Stupenda l’invocazione del filosofo alla Musa: «Ti desidero Musa dalle bianche braccia. Permetti ai mortali momenti di gloria, confortali col tuo dire tutto puro. Guidami verso la Santità. E voi, dèi, aiutatemi in questo cammino terreno, rendete caste le mie labbra, perché possa concedere al mondo fiumi di purezza» (fr.1). Vi è qui in Empedocle desiderio di purezza onde coinvolgere altri nella purezza? Sì e no se lo seguo nelle sue dichiarazioni non sempre nitide di troppo: «Io non son più – dice – nelle spoglie mortali, io, dio immortale onorato e venerato da tutti, cinto di bende e corone di fiori, seguito a migliaia dai più e dai più invocato per avere responsi e pur anche per ottenere guarigioni» (fr. 112). Continua a leggere “L’assurda presunzione”
Non cercate di risolvere i vostri problemi d’amore ricorrendo alle formule algebriche
di Pierluigi Camboa
Mark Rothko
In questa epoca che qualcuno definisce post-Covid, ma che, purtroppo, “post” non è, abbiamo vissuto un lungo periodo di confinamento (lockdown), dopo il quale siamo tornati a vivere sotto la scure e qualcuno di noi, per evitare di piombare nella depressione, ha cercato di impegnare parte del proprio tempo in esercizi mentali a volte illusori e oziosi; per quanto mi riguarda, i miei personali esercizi si sono dipanati in strampalate confabulazioni filosofico-matematiche, rivolte a due fondamentali entità dell’anima: l’amicizia e l’amore. Continua a leggere “Confabulazioni filosofico matematiche”
Quanti nomi negli anni mi sono passati sotto gli occhi, nomi di anime tristi, nomi di vati dal «variato canto»[1], come l’Orfeo divino che un tempo ci svelò i misteri. Ma «io, grazie alle Muse mi portai in alto», dice Euripide[2]. Perciò forse mi sfuggì Epimenide che innalzò, ahimè!, in Atene «altari alla Superbia» ed alla «Sfrontatezza»[3] con mancanza di ritegno purtroppo, ma nei confronti di chi, degli altri? Perciò forse mi sfuggì, perciò non mi piacque. Come poté allora – secondo Pausania – purificare varie città, fra cui Atene[4], dal sacrilegio di Cilone – per Suidas –, con che cosa?, con versi lodatori di enigmatici misteri, eleusini non di certo, per cui secondo alcuni due giovani morirono (per mano di chi?) per motivi di espiazione, se è vero che fu allontanata dalla città la terribile sventura?, la pestilenza – insomma – di cui si disse? Meglio Ferecide di Siro che per primo scrisse sulla natura e l’origine degli dèi. Sostenne anche che l’anima umana fosse immortale. Teopompo scrive che invitò i Lacedemoni a stare lontani dall’oro e dall’argento, dalla ricchezza, insomma, onde onorare la povertà figlia di amore. Ma ciò – secondo Pitagora, suo discepolo – gli era stato ordinato in sogno da Eracle. Continua a leggere “Anime dell’antica filosofia”