di Daniela De Pascalis

Sono oltre l’inginocchiatoio
tra la sua verginità
addolorata che mi smembra
e gli occhi che virano al dio
urlante sui miei talloni
mai battezzati nella fonte che salva.
M’investe di servizio
mai dato all’altare
l’abito bianco
irreale ninna nanna sul petto.
Vorresti tornare
al mare che era di tramontana
la luce d’inverno che raffredda la pietra
uno due tre riposa
riposa la tua piccina
sotto carezze di mani d’uomo
che toccano uteri di vuoto
e fiati in fiati di bocca in bocca
nell’amore
sta aversi a se stessi
da noi che fummo e vogliamo
placide vite ingravidate di cose buone e giuste.
E io solo gravida di te.