di Daniela De Pascalis

Avevi conchiglie
al posto delle mani
Rivista di pensiero e cultura meridionale
di Dino Licci
Il “Don Chisciotte” di Cervantes nasce come critica alla mania invalsa alla fine del ‘500 in Europa e soprattutto in Spagna di immergersi nella lettura dei romanzi cavallereschi importati dalla Francia. Il fenomeno dei “Lettori impazziti” veniva così sottolineata da Cervantes che, inventandosi questo strano personaggio, voleva appunto fare uno spaccato della società del tempo. Ma il personaggio acquista valore e spessore quando l’autore, forse suo malgrado, ne fa l’emblema della capacità tutta umana di compendiare realtà e fantasia, quella fantasia che interviene a correggere i mali di una realtà a volte troppo cruda per essere accettata supinamente. Così il lettore viene trascinato dalla simpatia che il personaggio ispira, seguendolo nei suoi voli pindarici, che gli fanno scambiare i mulini a vento per malefici giganti o un branco di pecore per un esercito nemico. Il suo fido scudiero Sancho Panza lo riporta continuamente a scontrarsi con la realtà in un gioco apparentemente semplice ma carico di significati psicologici di alto valore morale. Il romanzo risente inoltre delle disavventure del suo autore e, come sempre accade, acquista un vago sapore autobiografico. Cervantes infatti aveva partecipato alla battaglia di Lepanto e, pur essendosi comportato da eroe, era stato dimenticato da tutti finendo in carcere gli ultimi anni della sua vita. Nel “Don Chisciotte” quindi egli volle evidenziare l’assurdità invalsa in quell’epoca, di glorificare gli eroi immaginari della letteratura cavalleresca, dimenticando la realtà quotidiana di chi valorosamente compiva semplicemente il proprio dovere. Ma se queste erano le intenzioni iniziali dell’autore, il suo romanzo acquisisce sempre maggiore spessore ed il personaggio grottesco dell’anziano hidalgo, presto si trasforma in una tragica parodia dell’umanità delusa da una realtà tanto penosa da costringerlo a rifugiarsi nel sogno o nella pazzia. Continua a leggere “Un romanzo ancora attuale: il “DON CHISCIOTTE DELLA MANCIA””
di Biagio Liberti
di un espresso del levante natalizio
negli anni ottanta, i primi Continua a leggere “Idrotermica della Val Seriana”
di Domenico Muci
Mi chiedete perché c’è la guerra? L’uomo, da sempre, è ASSASSINO perché affamato di potere. Non dimentichiamoci che morto Abele, gli sopravvisse Caino. Non parliamo di pace, basta ipocrisie, siamo in un giro vizioso, dove chi più è forte, più picchia, questa è la legge. Un paese paga per le manipolazioni, escogitate ai suoi danni, dalle nazioni potenti. È la solita storia. Continua a leggere “Mors tua vita mea”
L’esercito della pace: I poeti
Già seicento anni prima dell’avvento del cristianesimo il primo filosofo greco ad aver lascito un testo scritto di cui ci rimangono solo pochi frammenti scriveva:
“Tutto è nato dall’infinito e tornerà nell’infinito”
Naturalmente sto parlando di Anassimandro della scuola di Mileto, discepolo di Talete e maestro di Anassimene e probabilmente anche di Pitagora. Egli ‘s’interessò di Scienza e Filosofia, ma oggi voglio ricordarlo come poeta. La sua visone sull’origine della vita , sullo scontro degli opposti , del bisogno di dover scontare la colpa di essere nati e di doversi riscattare di un fantomatico peccato originale (da non confondersi con quello di Eva), lo rendono molto simile ad uno dei più grandi poeti della nostra era, quell’Ungaretti che, con un solo verso riesce a condensare tutto il pensiero epistemologico dell’Umanità: Continua a leggere “L’esercito dei poeti”
di Franco Intini
Premessa:
“Parole che hanno un nucleo instabile, su cui è scritto “FRAGILE”
Viaggiano da un paese all’altro. Piccoli neutroni fermano alle frontiere
Si mostrano gentili, rovistano tra i quark. Nel portabagagli le provviste:
Pacchi di odio legati con lo sputo.
-Tutto in ordine però-, rassicura l’airbag.” Continua a leggere “INDOVINA CHI INTINGE NEL PIATTO DEL RAGÙ”
di Titti De Simeis
… beata leggerezza. Di chi esce da un garbuglio di parole senz’anima e si arrende al silenzio di un racconto; di chi fa della musica l’antidoto per ogni prigione; di chi smette di essere e cerca di diventare; Continua a leggere “Virgolette”
di Dino Licci
E l’uomo va, cosciente dei suoi limiti, oppresso dai dubbi, aperto alla speranza, votato alla ricerca, alla preghiera, all’angoscia, egli pur va e non conosce la meta !
Migliaia di anni di studio e verifica, innumerevoli scoperte, la fantastica evoluzione del pensiero, non sono serviti ad aumentare le sue capacità cognitive di base, pur essendo aumentate enormemente le sue conoscenze scientifiche. Continua a leggere “La sublimazione dell’arte”
di Annarita Nutricati
Al dio ignaro della mia sorte,
a chi mi generò senza colpe
demando il pugnale d’Idrusa
e dai dubbi le notti non sciolte. Continua a leggere “Al dio ignaro della mia sorte…/ I rutili calcagni sollevi…”
di Dino Licci
Prima di andare avanti nella nostra chiacchierata, dovremmo ricordarci che le nostre cellule sono fornite di un citoscheletro formato da microtubuli, Questi organuli, dotati di grandi movimenti, si occupano di dare stabilità alla cellula e rivestono grande importanza anche durante la divisione cellulare. Insomma danno l’idea della cellula come elemento singolo ma capace di muoversi e dialogare con tutti i suoi simili fino ad entrare in fase con essi. Il dialogo tra le cellule è dovuto anche all’emissione di biofotoni, della cui esistenza si è occupato per primo il Dr. Fritz-Albert Popp, un pioniere nella ricerca della comunicazione infracellulare. Come abbiamo già visto per l’acqua, anche la luce emessa dai biofotoni deve essere coerente tanto da considerala un indice della vitalità e del benessere di un individuo. Una eventuale modificazione di tale coerenza, sarebbe indice di malattia. Continua a leggere “La medicina del futuro”
di Cristina Martinelli
…perch’io, che nella notte abito solo, / anch’io di notte, […] anch’io scrivo / e riscrivo in silenzio e a lungo il pianto / che mi bagna la mente… (G. Caproni, Poesie 1932-1986, Milano 1989, Garzanti, p. 195).
Come in questi versi di Giorgio Caproni, sembra lavorare Paolo Vincenti. Questo racconta il suo lavoro di creazione in Giaculerie, titolo che condensa il nucleo tematico, tra soliloquio e dialogo. Poesia notturna, nell’accezione di solitudine dell’io, solitudine interiore e analisi esistenziale alla ricerca di senso e di una via per il superamento della sofferenza che, pur nel colmo del conflitto tra reale e utopia (Repleto), traguarda la capacità di reagire alle cose che accadono, mediante il significato da dare alla propria vita. Si tratta di trasformare la morte in vita, in poesia, la vita della poesia: è risaputo che Sofferenza e Bellezza sono le due esperienze decisive di ogni esistenza umana. Continua a leggere “Introduzione alla raccolta di poesie GIACULERIE di Paolo Vincenti”