di Mimì MastriaFesta della Befana ad Urbania
L’Epifania è una delle principali feste religiose dell’anno ed è celebrata dalla Chiesa Cattolica 12 giorni dopo Natale, il 6 gennaio. Il termine Epifania deriva dal greco ἐπιφάνεια, epipháneia, che può significare “manifestazione”, “apparizione”, “presenza divina”. In particolare, l’Epifania assume il significato di prima manifestazione dell’umanità e divinità di Gesù Cristo ai popoli di tutto il mondo, simboleggiati dai Magi che gli rendono omaggio, portando in dono oro, incenso e mirra.
La Befana, corruzione lessicale di Epifania attraverso bifanìa e befanìa, è una figura folcloristica, tipica di alcune regioni italiane, diffusasi poi in tutta la penisola, ma meno conosciuta nel resto del mondo.
Secondo la tradizione è una vecchietta che vola su una scopa di saggina per far visita ai bambini, nella notte tra i 5 e il 6 gennaio, riempendo le calze lasciate appese al camino o vicino alla finestra: i bambini che durante l’anno si sono comportati bene, ricevono caramelle, dolci, frutta secca e piccoli giocattoli, mentre i monelli ricevono carbone o cenere, in alcuni territori anche aglio.
L’origine era probabilmente connessa a un insieme di riti propiziatori pagani, risalenti al X–VI secolo a.C., con riferimento ai cicli stagionali legati all’agricoltura.
Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli al calendario romano e celebrando il periodo tra la fine dell’anno solare, il solstizio d’inverno e la ricorrenza del Sol Invictus. Nella dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti. Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo della caccia ma anche della vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell’abbondanza).
Un’altra ipotesi collegherebbe la Befana con un’antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine “strenna”) e durante la quale ci si scambiavano regali ( rami di ulivo o d’alloro in origine, poi doni più consistenti).
Nel Medioevo, con le contaminazioni germaniche e nordiche (in particolarHouda o Berchta) queste figure che cavalcavano di notte le scope volando, vennero associate alle streghe.
In realtà la Befana non è una strega, ma una vecchina affettuosa, e la sua scopa è un antico simbolo della purificazione delle case (e delle anime), in previsione della rinascita della stagione (a tale proposito in Germania il giorno dell’Epifania si benedicono le case). Ma anche il detto: “L’Epifania tutte le feste porta via” rimanda alla scopa, si fa pulizia del vecchio e si rinnova la casa.
La Befana richiama la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei, e come faceva San Nicola prima dell’avvento di Babbo Natale
Nel tentativo moderno di “cristianizzare” la figura della Befana si racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al Salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un sacco pieno di doni e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò i doni ai bambini sperando così di farsi perdonare la mancanza.
Il suo aspetto fisico non è proprio accattivante, è una vecchia con pochi denti, la pelle raggrinzita dalle rughe, un naso adunco e bitorzoluto, vestita di stracci, un gonnellone su cui tiene un grembiule, uno scialle di lana per ripararsi dal freddo, un fazzolettone in testa e le scarpe rotte, o ciabatte scalcagnate.
Diversamente dalle streghe della tradizione nordica che portano il cappello a punta la Befana oltre a tenere in testa un fazzolettone, cavalca la scopa al contrario tenendo le ramaglie davanti a sé e porta i suoi regali in sacchi di iuta sfilacciati che assumono la forma di enormi calzettoni, o nelle gerle di vimini, a seconda dalla tradizione del luogo dove si festeggia.
Questo aspetto rimanda ad una raffigurazione simbolica dell’anno vecchio: una volta concluso, lo si può distruggere, così come accadeva in molti paesi dove esisteva la tradizione di bruciare fantocci vestiti di abiti logori, all’inizio dell’anno (vedi, ad esempio, il “Falò del vecchione” che si svolge a Bologna a Capodanno così come lo “sparo del Pupo” a Gallipoli, oppure il “rogo della Veggia Pasquetta” che ogni anno il 6 gennaio apre il carnevale a Varallo in Piemonte). In molte parti d’Italia, l’uso di bruciare un fantoccio a forma di vecchia rientrava anche tra i riti di fine Quaresima, cosa analoga avviene nel nostro Salento con il fantoccio della Caremma, addobbata con i suoi simboli iconografici che ricordano le antiche Moire
Ad Urbania, nelle Marche, viene tradizionalmente collocata la Casa Ufficiale della Befana. Vi si celebra inoltre ogni anno la “Festa Nazionale della Befana”, tradizione ormai conosciuta in tutta Italia.
In giro per il Paese troviamo diversi riti.
In piazza Bra, a Verona, si tiene il tradizionale e suggestivo rogo “Brusa la Vecia”; a Roma, in Piazza Navona, la notte tra il 5 e il 6 gennaio è piena di bancarelle e tutti attendono che la Befana faccia visita ai bambini. In molte città le Befane atterrano nelle piazze scivolando da un filo d’acciaio legato a un campanile. A Bologna si tiene il Corteo dei Re Magi con numerose persone in costume, allo stesso modo si tiene e a Milano, in Piazza Duomo e a Firenze nel suo centro storico. Imperdibile la regata delle Befane di Venezia.
Tanti sono i dolci che accompagnano la Festività, da quelli della tradizione regionale a quelli che ormai il mercato propone per riempire la calza. E’ inutile sottolineare che la Befana ha sempre portato bellissimi giocattoli ai figli delle persone benestanti; i figli della povera gente si sono dovuti accontentare di calzettoni riempiti con qualche frutto, un’arancia, un mandarino, tre noci, qualche fico secco e quando c’era più abbondanza qualche mandorla coperta di zucchero. E tanti bambini non ricevevano nulla. Qualche piccolo artigiano faceva giocattoli in legno: trottole, cavalli a dondolo, spade, marionette, Pinocchio, qualche carretto, e solo qualche papà di buona volontà si cimentava nella lavorazione dei giocattoli di legno per i propri figli.
La filastrocca più nota è questa, con diverse varianti a seconda del territorio:
La Befana vien di notteCon le scarpe tutte rotteE la cuffia alla romanaViva viva la Befana.
Molti poeti hanno scritto componimenti sulla Befana, e pochi grandi sono riusciti a cogliere la gioia ma anche la sofferenza dei bambini che l’hanno vista solo “passare” dalla loro finestra.
Poesie d’autore sulla Befana:
La Befana di Giovanni Pascoli
Viene viene la Befanavien dai monti a notte fonda.Come è stanca! La circondaneve, gelo e tramontana.Viene viene la Befana.Ha le mani al petto in croce,e la neve è il suo mantelloed il gelo il suo pannelloed il vento la sua voce.Ha le mani al petto in croce.E s’accosta piano pianoalla villa, al casolare,a guardare, ad ascoltareor più presso, or più lontano.Piano, piano, piano, piano.Chi c’è dentro questa villa?Uno stropiccìo leggero.Tutto è cheto, tutto è nero.Un lumino passa e brilla.Chi c’è dentro questa villa?Guarda e guarda… Tre lettinicon tre bimbi a nanna, buoni.guarda e guarda… Ai capitonic’è tre calze lunghe e fini.Oh! Tre calze e tre lettini…Il lumino brilla e scende,e ne scricchiolano le scale;il lumino brilla e sale,e ne palpitano le tende.Chi mai sale? Chi mai scende?Co’ suoi doni mamma è scesa,sale con il suo sorriso.Il lumino le arde in visocome lampada di chiesa.Co’ suoi doni mamma è scesa.La Befana alla finestrasente e vede, e s’allontana.Passa con la tramontana,passa per la via maestra:trema ogni uscio, ogni finestra.E che c’è nel casolare?Un sospiro lungo e fioco.Qualche lucciola di fuocobrilla ancor nel focolare.Ma che c’è nel casolare?Guarda e guarda… Tre strapunticon tre bimbi a nanna, buoni.Tra la cenere e i carbonic’è tre zoccoli consunti.Oh! tre scarpe e tre strapunti…E la mamma veglia e filasospirando e singhiozzando,e rimira a quando a quandooh! quei tre zoccoli in fila…Veglia e piange, piange e fila.La Befana vede e sente;fugge al monte, ch’è l’aurora.Quella mamma piange ancorasu quei bimbi senza niente.La Befana vede e sente.La Befana va sul monte.Ciò che vede e ciò che vide:c’è chi piange e c’è chi ride;essa ha nuvoli alla fronte,mentre sta sul bianco monte.
La Befana di Guido Gozzano
Discesi dal lettinoson là presso il camino,grandi occhi estasiati,i bimbi affaccendatia metter la calzettache invita la vecchiettaa portar chicche e doniper tutti i bimbi buoni.Ognun chiudendo gli occhi, sogna dolci e balocchi;e Dori, il più piccino,accosta il suo visinoalla grande vetrataper veder la sfilatadei Magi, su nel cielo,nella notte di gelo.Quelli passano intantonel lor gemmato manto,e li guida una stellanel cielo, la più bella.Che visione incantata,nella notte stellata!E la vedono i bimbi,come vedono i nimbiagli Angeli festantine’ lor candidi ammanti.
Mi hanno detto di Gianni Rodari
Mi hanno detto, cara Befana,che tu riempi la calza di lana,che tutti i bimbi, se stanno buoni,da te ricevono ricchi doni.Io buono sono sempre stato,ma un dono mai me l’hai portato.Anche quest’anno nel calendariotu passi proprio in perfetto orario,ma ho paura, poveretto,che tu viaggi in treno diretto:un treno che salta tante stazionidove ci sono bimbi buoni.Io questa lettera ti ho mandatoper farti prendere l’accelerato!O cara Befana, prendi un treninoche fermi a casa d’ogni bambino,che fermi alle case dei poveretticon tanti doni e tanti confetti.