di Luca Crastolla

è lì dall’inizio con il suo canone d’aria
i miei trabucchi in petto e il cincischiare
delle faccende umane, la morte
che non demorde: l’albergo delle ore
un pianoforte a pioggia, ricettacolo
di nuvole indossate una volta e poi dissolte
La cipria metteva sigilli ai timori, armati
fino ai denti erano i versi, le oscene
proposte in giochi di associazioni e dissonanze
Improvvisa altalena rivelò una culla
con criterio semplice una nenia e discende
battesimale da un ramo spezzato, una biforcatura
una separazione di nascite, poi stagioni
orzi ventilati alla prima delle correnti. L’ultima
premura il refrigerio del sangue