Racconti, Scrittori salentini

Il tuffo carpiato del  giovane operaio impennacchiato

di Umberto Marsella

Mimmo Anteri: Trasmigrazioni (Acrilico su tavola cm 100×100)

Una data e un treno. A fianco, il caso o il destino.
Le date, si sa, sono semplici dettagli ma se una somiglia alle coordinate del compleanno (o a qualcosa di più) continuerà ad intenerirci e a raccontare le storie sfilacciate e mai archiviate che in qualche modo ci descrivono.
Poi il treno.
Erano gli anni dei treni.
Quei vagoni popolari e affollatissimi, mediamente sudici , quasi mai puntuali come quelli che qualche tempo dopo, per conto dell’Università o del servizio militare, ci avrebbero portati in esilio.
Ma questo treno era diverso, più datato, con carrozze lignee e destinazione oltralpe, nel paese della cioccolata e delle banche.
Comunque, appuntamento a Lecce.
Il 24 giugno 1974 in stazione tutti i progetti fino ad allora coniugati al maschile plurale dove maschile sta per amici e plurale per moltitudine (di compagni magliesi) che il treno avrebbe a stento potuto…ospitare, tutti i propositi, dicevo, finirono al singolare maschile, lasciandomi unico erede e protagonista della vicenda.
Così, a fianco ai binari, mentre i capelli (allora) fluenti riuscivano a coprire a malapena i pensieri incerti e preoccupati, i miei occhi cercavano, nella concitazione, un punto fermo.
Fissai per un po’ Brown & Boveri: quegli insignificanti caratteri di bronzo, punzonati sul fianco della motrice di testa che rimandavano alla ditta costruttrice delle locomotive.
Il caso, o se volete, il destino pochi giorni dopo mi collocò nientepopodimeno in quella mastodontica siderurgica svizzera con sede a Zurigo.
Incredibilmente impegnato a costruire uno “Statore” (ovviamente con compiti elementari) impennacchiato nella impeccabile tuta blu da operaio come i cinquemila lavoratori che animavano la stessa fabbrica.
Ma non era stato facile salire su quel diretto. E ancora non ci credo.
Mancavano al “progetto” lavorativo piccoli particolari, quisquilie: chi avrebbe dovuto assicurare il vitto/alloggio; dove e a chi rivolgersi per un lavoro da assegnare ad un pischello diciassettenne come me, vissuto alla luce di quella comoda mentalità piccolo-borghese-magliese poco “incline”… all’attività manuale.
D’altronde fino ad un’ora prima del fischio del capotreno avevo dovuto affrontare la riluttanza della buonanima di mio padre per questa mia “fissazione” e la crescente preoccupazione di mia madre, che da subito aveva infittito “ rosari” e visite alla Parrocchia del Sacro Cuore.
“Pacenzia!”
Così, optando per la partenza, non avevo potuto far altro che seguire il consiglio esperto di anziani migranti salentini, riposto nel mio bagaglio, e affidarmi, tout court, incondizionatamente, all’abbraccio affettuoso e solidale dei passeggeri del Lecce-Zurigo.
Fu determinante.
Due angeli della Grecìa salentina vennero in mio soccorso con delicata e indelebile generosità.
Sergio con i capelli come un casco di banane e Antonio con gli occhi tondi di civetta mi traghettarono dal treno alla fabbrica passando dall’Ufficio stranieri e dalla preziosa ospitalità dei loro parenti stanziali.
Certo non fu un periodo libero da affanni.
C’erano dormite scomode, fresche levatacce quasi notturne e lunghe ore di lavoro che impoverivano il riposo e il tempo libero.
Ma proprio quando sembrava che “questa mia avventura” stesse acquistando la forma e lo spessore dell’esperienza orgogliosa e pacata, in grado di fornire all’occhio ingenuo e vispo del giovane rivoluzionario la visione reale (e critica) dello stridente dislivello tra la Bahnhoffstrasse, la strada delle banche dorate, e gli ordinati e scarni capannoni dei nostri parsimoniosi e versatili lavoratori corregionali; quando, ripeto, a metà luglio, pensavo che valesse la pena continuare a lavorare, a fianco al mio collega iraniano Abbas, nel gabbiotto predisposto per la costruzione dello statore e tante altre cose ancora, intervenne la più irriducibile delle censure: quella della “distorsione” del tempo.
Il 20 di luglio il tempo cominciò a rallentare. Per uno strano gioco di prestigio stava diventando lentissimo, quasi immobile.
Proprio nella terra degli orologi.
Cominciavo a chiedermi quanto durasse un giorno e quanti giorni dovessero passare in una settimana.
Ma è così che fa il tempo: si allunga e si accorcia secondo le cose che si aspettano con irrefrenabile desiderio (o con ansia e paura).
Luglio, ma anche giugno e agosto da sempre ci regalava gioia con le “nostre” immagini piene di mari e di ombrelloni colorati, di palloni per giocare sulla spiaggia, di dancing, di musica, di gente che ballava e di capriole sulla sabbia calda.
Prevalse l’anima leggera e disimpegnata.
Non avevo la stoffa di Ulisse. Non seppi resistere!
Pur consapevole del danno alla …produttività che avrebbe provocato alla siderurgica il mio auto- licenziamento, piantai baracca e burattini per tornare, senza un minimo accento svizzero, come una tortora…all’acqua salentina.
La nuova migrazione verso i mari del sud restituiva immediatamente al tempo il ritmo della nostra scoppiettante vivacità. Verso Bari , nell’ultima scena del viaggio, l’euforia (avrei supplicato il macchinista di guidare… contromano, pur di fare in fretta!) non riusciva a tacitare la mia voce “fuori campo”: ripensavo a quello che avevo fatto e non rimpiangevo nulla. Tutto era accaduto per un motivo, e ogni avvenimento aveva innescato qualcosa di meglio. Ero cresciuto e avevo dimostrato di potercela fare. Anche senza la mamma. E nonostante quei rammolliti, pusillanimi e inaffidabili, ipotetici compagni di viaggio.
Con l’esempio, il garbo e la concretezza quegli uomini, dalle unghie orlate di nero, mi avevano impartito quotidianamente lezioni sui valori fondanti del pensiero filosofico: l’amicizia, il coraggio, il dovere, la felicità e perché no, la nostalgia.
Sotto forma di idee riportavo, in valigia, questi preziosissimi beni immateriali stipati a fianco ai “prosaici” parallelepipedi di cioccolato e di sigarette.
Il 4 agosto, tra momenti di semplice e meritata felicità, scendevo, con un tuffo carpiato, dalla locomotiva di testa.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...