Cultura salentina

L’affondamento della nave ospedale Arno

di Lucio Causo
La notte dell’11 settembre 1942, durante la navigazione verso la Libia, venne silurata da un aereo inglese e affondò
L’affondamento delle navi ospedale è stato sempre considerato un crimine di guerra, come le rappresaglie contro le popolazioni civili inermi. Eppure, in guerra, anche i loro scafi non furono risparmiati dai siluri dei sommergibili, dalle mine magnetiche, dai bombardamenti, dagli aerosiluranti e dai cannoni delle navi da battaglia. Le “navi bianche”, ovvero le grandi navi ospedale, così chiamate dal colore delle loro fiancate al centro delle quali campeggiava sempre una grande croce di colore rosso, erano tutelate già dalla Convenzione dell’Aja del 1907 contro eventuali attacchi di altre unità navali. Nel caso specifico della nave Arno le croci di riconoscimento erano tre su ciascuna fiancata e una sul fumaiolo principale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale molte di queste navi furono affondate dal nemico, causando la morte non solo degli equipaggi, ma anche di tante infermiere volontarie, di medici e di militari gravemente feriti che erano impossibilitati a muoversi. Anzi, molto spesso, si ebbero numerosi gesti di umano altruismo e innata generosità, quando medici e infermieri sacrificarono le loro vite pur di evacuare soldati e civili feriti. Un simile destino toccò alla nave ospedale Arno, nata inizialmente come piroscafo per il trasporto di passeggeri e poi convertita alla nuova funzione dalla Regia Marina per le esigenze belliche.
Dotata delle necessarie attrezzature mediche e di 440 posti letto, la direzione sanitaria venne assunta dal Tenente Colonnello Medico Giuseppe Tallarico e, nell’agosto 1940, venne inviata in Libia per la sua prima missione di soccorso al personale militare ferito. L’8 dicembre dello stesso anno, subì un primo bombardamento aereo, riportando seri danni, mentre si trovava ancorata nel porto di Napoli, a seguito di un’incursione aerea inglese. Partecipò, in seguito alla distruzione di un convoglio navale italo-tedesco il 16 aprile 1941, al soccorso e alla ricerca dei sopravvissuti, traendo in salvo 1271 naufraghi sui tremila marinai imbarcati sulle navi affondate; fu poi protagonista, assieme alla nave ospedale Sicilia, del salvataggio di un altro migliaio di uomini, sopravvissuti al siluramento di un trasporto truppe diretto in Libia.
Man mano che le operazioni militari in Nord Africa volgevano a favore degli Alleati, le missioni di salvataggio della nave Arno si susseguirono senza sosta, tanto che mentre era in porto a Bengasi durante una sosta operativa per rifornirsi, rimase nuovamente danneggiata, anche se in maniera lieve, da un nuovo bombardamento aereo: ormai, la guerra non risparmiava più nessuno, neanche chi operava sotto le insegne della Croce Rossa.
Tra il 29 e il 30 agosto 1942, altri 119 uomini furono tratti in salvo dalle onde del mare, dopo che l’avviso Diana era stato silurato da un sommergibile britannico: nonostante il mare fortemente agitato, gli uomini della “nave bianca” dimostrarono grandi doti marinaresche portando in salvo, nella totale sicurezza, tutti quanti i naufraghi.
Il 3 settembre 1942, la nostra unità salpò nuovamente da Napoli, al comando di Giovanni Luisi di Palermo, diretta verso le coste del Nord Africa, a Tobruk, trasportando personale medico e attrezzature sanitarie destinate all’Afrika Korps del Generale Rommel. A bordo della nave si trovavano il direttore della Sanità militare marittima, tenente generale medico Gregorio Gelonesi, in visita d’ispezione, ed alcuni militari e sanitari tedeschi, per un totale di circa 180 persone. Non tutti i militari tedeschi presenti sulla nave erano del corpo sanitario: spesso viaggiavano sulle navi ospedaliere anche ufficiali dell’esercito diretti in Nord Africa, per farli giungere a destinazione rapidamente e senza rischi, contravvenendo alle norme internazionali che non consentivano alle navi ospedale l’imbarco di passeggeri che non fossero infermi o sanitari.
La nave Arno era un piroscafo misto di 8.204 tsl costruito nel 1912 per la Società Anonima di Navigazione Lloyd Triestino di Trieste, requisito dalla Regia Marina ed iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Dopo la trasformazione in nave ospedale, nell’agosto 1940, venne inviata in Libia per effettuare operazioni di soccorso ai soldati gravemente feriti.
Durante la navigazione, la notte dell’11 settembre 1942, nonostante procedesse illuminata per segnalare che non si trattava di una nave da guerra, alle 00,45 venne silurata da un aereo inglese. Il siluro colpì a prua la stiva n. 1 nella quale dormivano 28 marinai ed infermieri: solo uno di essi sopravvisse all’esplosione ed al successivo allagamento. Dopo dieci ore di agonia, e un estremo tentativo compiuto da un gruppo di volontari per rimettere in funzione le pompe, alle 9,50 venne dato il definitivo ordine di abbandono nave.
Alle 10,50 del mattino, la nave ospedale Arno affondò, a circa 80 miglia da Tobruk, portando con sé ventisette uomini di equipaggio, mentre il resto degli uomini e delle infermiere venne tratto in salvo dopo due giorni ed una notte trascorsi in mare, dalla torpediniera della Marina italiana Generale Antonino Cascino. L’unità portò i superstiti a Tobruk e l’equipaggio tornò in Italia con un’altra nave, la Gradisca, il 18 settembre 1942.
Nel corso del conflitto, la nave ospedale Arno aveva effettuato complessivamente quasi sessanta missioni come nave ospedale, trasportando e salvando dalle acque oltre 6.100 naufraghi e prestando le necessarie cure mediche ad oltre 17.200 tra feriti e malati.

14 febbraio 2023 – Lucio Causo

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