Decido di entrare, anche se la porta che dava sul giardino e che tenevi accostata in estate é chiusa da un po’. Mi infilo silenziosa tra le penombre della nostra grande casa, scruto ogni graniglia di questo pavimento che mi ha fatto viaggiare nelle forme, tra draghi lune e leoni le nuvole tante sempre le frecce i cuori tutti questi cuori che non vorrei calpestare qui in mezzo. Continua a leggere “Decido di entrare…”
Zio Donato, oltre ad aver sposato una sorella di mia madre, era anche mio padrino di battesimo, per tale ragione gli ero affezionato, diciamo così, in modo particolare e pure lui aveva un occhio di riguardo per me.
Contadino dalle fasce, sin da piccolo si era speso totalmente nel lavoro, sia al paesello, sia e specialmente in prolungate campagne di attività a Brindisi, presso una famiglia di proprietari terrieri, in seno alla quale, gradualmente, era divenuto collaboratore di fiducia per svariate funzioni: assistenza ai vigneti, raccolta e trasformazione dell’uva, conservazione del vino, cura degli uliveti e molitura dei frutti.
Insomma, zio Donato, pur essendosi formata una famiglia e arrivato ad avere un discreto numero di figli, passava la maggior parte dell’anno nel capoluogo messapico.
A parte la sede del suo mestiere di contadino, agricoltore, frantoiano, va rilevata la grandissima mole di operosità cui egli si assoggettava, senza orari, di la’ da ogni logica misura; d’altro canto, in quei tempi, non esistevano i mezzi moderni che alleviano molto le fatiche nei campi: in sintesi, il buon uomo, si “ammazzava” di lavoro.
E non è che, in caso di qualche acciacco, di cui, purtroppo, iniziò a essere toccato già da giovane, si recasse dal medico o in farmacia, i malanni, così come venivano, dovevano passare, da soli, ma, conseguentemente, col procedere, il suo fisico prese a risentirne.
Cosicché, saltuariamente, cadeva, addirittura, in pesanti debilitazioni, che lo costringevano a sottoporsi a serie terapie e cure.
Sotto questo regime di vita e di attività lavorativa, in pratica già prima dei cinquant’anni, le sue forze finirono col ridursi e, di conseguenza, zio Donato arrivò a scontare l’eccessiva operosità tenuta da ragazzo e da giovane, sotto forma di riposo impostogli.
Ѐ stata una tempesta di stelle, stanotte. Appena ho servito l’asciugamano alla terrazza, e mi sono stesa al cielo, dopo neanche un secondo, una scia spessa e continua lo ha tagliato. Il fondo di una padella con un lungo graffio dorato. Accenti acuti e gravi di stelle cadenti, ecco compiuta la calligrafia del cosmo! Continua a leggere “Ѐ stata una tempesta di stelle, stanotte”
Le luci della Città Eterna si riflettevano sull’asfalto bagnato dalla pioggia e, insieme a quelle dei fari dell’auto antistante, creavano suggestioni pittoriche che per un attimo fecero allontanare i pensieri di Giulio da quelli angosciosi che lo avevano accompagnato per tutta la giornata. Ingegnere aerospaziale, laureato col massimo dei voti al Politecnico di Torino, attraverso un lungo e complesso curriculum era arrivato a lavorare nel settore della manutenzione di aeromobili per Alitalia. Un lavoro che fino a quel momento lo aveva reso orgoglioso, ma poi di colpo le sue certezze avevano iniziato a vacillare. Le immagini di quell’hangar desolato e di quei resti che richiamavano un’orrenda tragedia accaduta dodici anni prima, nel lontano 1980, si erano impresse nella sua mente e non volevano andare via. Ogni tanto il suo sguardo si soffermava sui gruppi di amici che ridevano e scherzavano mentre si dirigevano in qualche locale dove passare la serata e provava un po’ di invidia, pensando che anche a lui sarebbe piaciuto aver la mente sgombra. Continua a leggere “81 anime”
La scuola era al centro della piazza, in una costruzione austera e rigorosa che accoglieva ogni mattina centinaia di ragazzi della media e della superiore: noi piccolissimi ci confondevamo con i giovanotti più grandi per sentirci un po’ come loro, importanti e proiettati verso destini eccelsi. Continua a leggere “Piccole curiosità”
Le mie zie materne amavano raccontare con una punta di orgoglio e un po’ di preoccupazione, quando io, piccolino, sulle mie gambe da poco e con qualche problema con le consonanti vibranti, dopo un capriccio e un bonario rimprovero, ad una zia che indicando un calendario con l’immagine del sacro Cuore, ebbe a dire: ‘Non devi fare così, sennò Gesù piange’, pare abbia risposto ‘libbo è quello’. Continua a leggere “Le ossa del CUORE”
Una strisciante subdola malinconia intride il grigio cinereo di un giorno monotono, infastidito, uggioso, immalinconito dai pensieri intristiti dal “dopo vacanze natalizie “.
Giacomo Ceruti detto Pitocchetto: Mendicanti davanti al paese (olio su tela)
…è venuto a trovarmi Ferruccio, il mio amico immaginario. Abbiamo preso il caffè in terrazzo e fumato non so quanto, persi tra alberi sfogli e una nebbia fitta all’orizzonte. Lui è così, gli piacciono le cose che io odio, lui è da sempre la mia parte romantica, il mio nord nascosto, il velo sull’anima. Continua a leggere “…ricordi…”
Sette versi messi insieme una notte di Natale. Dimenticati, ritrovati, fra carte ingiallite, in una paginetta quadrettata di quaderno, da allora smarritasi tra vecchia corrispondenza. Chissà come e perché pochi giorni avanti l’ invito abituale a “La Fera” dell’ amabile signor Totaro.
Versi poveri, perduti. Ieri balzati di prima vista alla mente, da un pozzo di mezzo secolo. E mi hanno riportato a quel Natale: l’ ultimo di cinque lontani da casa mia. E in esso ai volti: mio padre, mia madre, i miei quattro fratelli. Continua a leggere “Natale 1945”
Modigliani: Donna con occhi blu (olio su tela, 1917)
Appurato: Zero non è un cane. Zero è un Tramite, è un filo conduttore d’amore, di possibili umane occasioni, di scambi emozionali che lasciano segni invisibili di una profondità abissale. Continua a leggere “Zero non è un cane”
…erano pensieri di dolore e di rabbia fina, come la nebbia che avvolge le mattine dietro lo scoglio del Mungurune sino alla tagliata della Grotta del Diavolo, quella nebbia che non sa più di terra e di salmastro ma mischia il profumo dell’umidità e della papaverina e si sente per tutta la pianura quell’incedere lento della lumaca e del tarabuso. Continua a leggere “Hai mai visto le sirene di questo maledetto lembo di terra, Lele?”
– Quanti anni avremo nel 2000?- Mi domandò, all’improvviso, il mio amico Salvatore mentre, con i grembiuli neri addosso e le cartelle in mano, ci recavamo, come ogni mattina, alla scuola elementare, distante oltre un chilometro dalle nostre rispettive case. I nostri percorsi individuali si incrociavano nei pressi di un giardinetto spartitraffico e da, quel punto, continuavamo insieme. Ed era lì che ci salutavamo, al ritorno, non prima di aver ricordato, l’uno all’altro, i programmi più belli da vedere, nel pomeriggio, alla TV dei ragazzi. Continua a leggere “Il 2000”