C’è un bel castello, non più visitabile perché la proprietà lo ha chiuso definitivamente dopo che è stato depredato dai ladri, e un paese ridente con doppio affaccio, sulle colline dell’Oltrepo da una parte e sulla Pianura Padana dall’altra. Continua a leggere “Montalto in Oltrepo”
Giovan Francesco Gonzaga (1921-2007) Funghi in un interno 30×40 cm Olio su tela
Andare nei boschi, per funghi, sarà pur bellissimo e rigenerante, anche per lo spirito, ma non é questo il mio tema. Oggi andrò sul minimale, sui gesti di tutti i giorni, sui fatti banali che diventano piccoli piaceri della vita, come lo stuzzicarsi il lobo dell’orecchio con il cottonfioc. Continua a leggere “Affettare i funghi”
Nel Salento il pisello nano lo hanno solo a Zollino (ed è un legume). Come ogni preparazione di qualità, ha bisogno di premeditazione (almeno 12 ore di ammollo e due di cottura con carota, cipolla e sedano). Continua a leggere “Il pisello nano di Zollino”
– Quanti anni avremo nel 2000?- Mi domandò, all’improvviso, il mio amico Salvatore mentre, con i grembiuli neri addosso e le cartelle in mano, ci recavamo, come ogni mattina, alla scuola elementare, distante oltre un chilometro dalle nostre rispettive case. I nostri percorsi individuali si incrociavano nei pressi di un giardinetto spartitraffico e da, quel punto, continuavamo insieme. Ed era lì che ci salutavamo, al ritorno, non prima di aver ricordato, l’uno all’altro, i programmi più belli da vedere, nel pomeriggio, alla TV dei ragazzi. Continua a leggere “Il 2000”
Nei caldi e assolati pomeriggi d’estate, il mio nonno materno, stanco dai lavori in campagna, ci invitava perentoriamente a riposare perché solo dormendo, e con gli scuri delle finestre ben chiusi, avremmo potuto evitare i malefici delle “macare” (o striare: le streghe salentine) che, alla piena luce del giorno, solevano vagare – secondo le sue storie – per le terrazze e i giardini delle case per rapire i bambini insonni.
Non c’era barriera che potesse fermarle, ci raccontava. Potevano volare, saltare di casa in casa, arrampicarsi su un muro senza appigli, scendere in un baleno dalla tromba di una scala fin dentro alla casa. Cosa ne facevano dei bambini rapiti? Non era dato di sapere la loro sorte, circostanza che ne accresceva il mistero e il nostro terrore, anche perché la sua narrazione violava la convinzione atavica che la luce tenesse lontane dalle persone tutte le presenze malefiche. Oppure era la sua cintura di cuoio a spaventare le macare, quella che lui appendeva alla pediera del letto e che tante volte aveva minacciato di sfilarsi dai pantaloni per dirimere un litigio o per porre termine a un capriccio insistente. Quella cintura aveva anche un nome: “Ubbidienza”, ma non fu mai sfilata dai passanti per motivi diversi dalla sua funzionalità, né mai utilizzata per colpire qualcuno. Continua a leggere “Nei caldi pomeriggi”
Salvatore Leone: Ulivo secolare (Olio su tela 100×150)
Sembrerà un sacrilegio, quasi l’ostentazione di un atto di empietà, ma io confesso – in tutta sincerità- di non aver mai amato particolarmente gli uliveti. La spaziatura ideale fra gli alberi, le costanti potature, la pulizia ossessiva intorno a ogni tronco contorto, che disegna cerchi di compasso sulla terra finemente livellata e battuta, mi hanno sempre suscitato rispetto e ammirazione verso l’arte contadina, quello sì, ma non me li hanno mai resi luoghi realmente accoglienti per il fisico, giacché un uliveto è un luogo di lavoro duro e non è mai un’oasi di frescura, né per la mente, che rischia di rimanere soggiogata dalla bicromia del verde argento delle chiome e del rosso della terra. Continua a leggere “Quello che ci rimane”
Com’erano i giardini segreti delle vecchie case salentine? Certamente non avevano prati inglesi, perché l’acqua era preziosa com’è preziosa, ancor di più, adesso. Nei contemporanei, evidentemente, è venuta meno la consapevolezza della sua preziosità. Basta aprire un rubinetto: è facilissimo e l’acqua sgorga a prescindere se è un acquedotto a fornirla o un pozzo, legale o abusivo. Non ci vuol un grande ingegno per capire che pompare acqua dolce dalla falda per irrigare un prato sia un atto che ha poco senso nell’arido Salento, luogo che dovrebbe essere apprezzato per le sue peculiarità naturali e non per l’imitazione di ambientazioni nordeuropee che non gli appartengono. Continua a leggere “Giardini segreti salentini”
Un nonno, in visita nella casa che mi ospita, rievoca, con l’aiuto dei suoi congiunti, la storia di questi luoghi. Racconta che, ai suoi tempi, si andava a scuola con la canna. Con quella della bicicletta? Nel senso: seduti sulla canna della bicicletta di un adulto? No, ai ragazzini di terza, quarta e quinta elementare che, dalle campagne di Corigliano, si recavano a scuola a Cutrofiano (dopo il biennio frequentato alla Masseria Appidè), veniva data una lunga canna, alla quale si attaccavano tutti, per formare un gruppo compatto. Nessuno, durante il lungo tragitto, era autorizzato a lasciare la presa e ad allontanarsi dagli altri. Ho immaginato una scena da film: la stradina che serpeggia fra i campi, polverosa in primavera e in autunno e piena di fango in inverno, e i bambini che la percorrono come una squadra di soldatini, allineati a destra e a sinistra, tenendosi stretti alla canna. Continua a leggere “Canne”
Il Salento, d’estate, ha odori diversi. Di giorno sa di fumo acre delle pinete che bruciano, di notte di quello delle fritture di pesce scongelato e del grasso di maiale che cola sulle braci. Per ora sono quelle dei ristoranti, perché le sagre sono ancora sospese. “Sagra” era un termine del vocabolario, fino a pochi decenni fa, conosciuto da pochi e che si associava alle ricche regioni del Nord. Non ci apparteneva. I nostri antenati avevano poco da festeggiare, se non le feste comandate, e ancor meno da mangiare: “nuceddhe e scapece” al massimo, o “nna rancata de pittule”, ma solo sotto Natale. Continua a leggere “Vacanza in Salento (primo giorno d’estate)”
Una volta scrissi che peggio di Murakami (Haruki) c’era solo l‘harakiri. Ma ero alla prima esperienza di lettura dello scrittore giapponese e non ero ancora entrato in sintonia con la narrativa surreale orientale, peraltro molto simile a una certa cinematografia d’autore di uguale provenienza. Poi, come a volte può accadere, a provarci ci si appassiona. Come non riconoscere l’evidenza che alcune metafore di Murakami sono passate direttamente dai suoi libri all’Olimpo delle citazioni e degli aforismi? Continua a leggere “Marchi e marchette”
G. Diso: La casa in collina, olio su tela, cm 70×80, 2018
Stasera lo scirocco si è trasformato in un vento proveniente da nord est, fresco ma saturo l’umidità. Ho indossato una felpa e sono uscito senza una meta. Sulla stradina di campagna che ho percorso, il buio è diventato presto totale. La bellissima piana di Corigliano offre spazi aperti ormai rari, senza confini fisici invadenti e, inoltre, non inquinati dall’illuminazione urbana. Continua a leggere “Sintomi inequivocabili d’estate”
Chi non ne può più di papparrose (papaveri) venga a smaltire la “papagna*”. Sul mio percorso abituale c’è un campo che in pochi si fermano a osservare. Sul terreno non c’è traccia di papavero e di altro fiore. Non saprei dire com’è accaduto, se la magia (o il sortilegio) fosse solo effetto di un trattamento chimico sarebbe una gran delusione. C’è solo un folto ed esteso cuscino, quasi strisciante, di graminacee e, fra queste, delle piantine color vinaccia, come sottili coralli, che fanno rosseggiare il basso prato. Più su, molto più in su, spinti verso l’alto da lunghi steli sottili e rigidi, c’è uno strato bianco di infiorescenze di daucus, come astronavi floreali sospese a mezz’aria (dire carota, nel bel mezzo di una scrittura che vuol essere “ispirata” non suonerebbe bene). Continua a leggere “Daucus carota (carota selvatica)”