La scuola era al centro della piazza, in una costruzione austera e rigorosa che accoglieva ogni mattina centinaia di ragazzi della media e della superiore: noi piccolissimi ci confondevamo con i giovanotti più grandi per sentirci un po’ come loro, importanti e proiettati verso destini eccelsi. Continua a leggere “Piccole curiosità”
Il terreno si estendeva per un raggio di circa trecento metri, spaccato in giochi geometrici nelle forme più svariate che i raggi del sole penetravano. Secco. Lì era più facile, scavando, trovare il petrolio che l’acqua. Di fronte una serie di sassi di varie grandezze ora tondi, ora ovali, ora spigolosi nelle punte delle selci che sicuramente saranno state usate come armi di offesa erano stati ammassati in due, a volte tre file, e sovrapposti sino a formare una sorta di muricciolo che separava e delimitava il maggese da un bosco fitto di querce e di pini. Continua a leggere “Paesaggio”
«E quando ci arrabbieremo, prenderemo chilometri e chilometri di corda per fare degli enormi lazi. Li lanceremo in cielo e tireremo giù una volta per tutte le stelle e quella stupida luna. Così nessuno guardando il cielo potrà più dire: che luna, che stelle, perché non c’é poesia lassù, ma soltanto scienza, chimica…» Continua a leggere “Chi ha paura del buio?”
Joseph Jost: Natura morta con arance, limoni e caraffa
Percorrevo la strada che portava alla casa di Anna tre o quattro volte al giorno in quei tempi.
Rasentavo il muro di destra con passo da ladro e mi facevo più lesto quando ero di fronte alla finestra dell’amica. Se la scorgevo in casa, con l ‘aria più innocente di questo mondo, bussavo al suo portone. Continua a leggere “Arance”
Ci fu un’estate lunghissima e interminabile che estendeva i suoi giorni come un elastico tirato da due parti opposte.
Le ore erano dense, colme di fatti che accadevano per la prima volta e che dovevano rimanere per sempre nella memoria.
Un tempo che si prolungò così tanto da non apparire vero, oggi. Continua a leggere “L’isola”
Francesco Lojacono: Il carretto siciliano, olio su tela
di Pino Refolo
Tornavamo dal mare ogni sera e dopo la doccia d’acqua dolce, eravamo di nuovo lì, ad occupare i nostri posti di statua.
L’agosto eravamo africani, squagliavamo la pelle bruna in un acquario di sudore: cominciavamo a conoscere gli uomini nordici. Continua a leggere “Altra estate (seconda parte)”
Il paese allora, non era molto diverso da oggi, già vasto e slargato nelle case basse dai muri lisci e squadrati di pietra leccese, dolce e duttile alla manipolazione degli uomini che però apparivano sconcertati da tanta dolcezza, incapaci di costringere la materia disponibile a qualcosa di sublime, a piegarla ad una volontà che partisse dall’animo in concerto con una intelligenza creatrice che sapesse innalzare, sapesse dare a quella pietra un anelito verso l’alto che non c’era in nessuna di quelle costruzioni piatte, sprofondate in loro stesse ed abbiosciate come i volti della gente che le abitava. Continua a leggere “Altra estate (prima parte)”