di Rocco Aldo Corina
Appena mio padre s’avvicinava a me, nella mia mente trovavo tesori incredibili, penso alle sue piccole rughe sul volto e all’affascinante «coleottero della luna» – direbbe Neruda – presente nei miei sogni strani. Era «un lampo vestito di arcobaleno. Il rosso e il viola, il verde e il giallo abbacinavano sul suo guscio e come un lampo mi sfuggì di mano e ritornò nella selva»[1]. Il tempo faceva sfumare ogni cosa e ognuno tornava nel suo stato di lacrime guarite, nell’ansia – a volte – che irritava i miei occhi stanchi, incastonati nelle vetrate dei castelli, meravigliose assai, abbaglianti, travolgenti passioni di quei giorni passati purtroppo. «I miei occhi vuoti vedevano solo l’ansia che ancor li opprime» anche se «le nostre menti nulla sanno di ciò che accade all’uomo nella vita, perché nulla vogliono sapere». Grande Wilde!, «i tuoi regni di terrore, le tue anarchie/ come il mare rispecchiano le mie passioni selvagge… solo per questo le tue urla sgraziate/ mi sono gradite»[2]. Continua a leggere “Anna Leo. L’armonia come bellezza”