Zio Donato, oltre ad aver sposato una sorella di mia madre, era anche mio padrino di battesimo, per tale ragione gli ero affezionato, diciamo così, in modo particolare e pure lui aveva un occhio di riguardo per me.
Contadino dalle fasce, sin da piccolo si era speso totalmente nel lavoro, sia al paesello, sia e specialmente in prolungate campagne di attività a Brindisi, presso una famiglia di proprietari terrieri, in seno alla quale, gradualmente, era divenuto collaboratore di fiducia per svariate funzioni: assistenza ai vigneti, raccolta e trasformazione dell’uva, conservazione del vino, cura degli uliveti e molitura dei frutti.
Insomma, zio Donato, pur essendosi formata una famiglia e arrivato ad avere un discreto numero di figli, passava la maggior parte dell’anno nel capoluogo messapico.
A parte la sede del suo mestiere di contadino, agricoltore, frantoiano, va rilevata la grandissima mole di operosità cui egli si assoggettava, senza orari, di la’ da ogni logica misura; d’altro canto, in quei tempi, non esistevano i mezzi moderni che alleviano molto le fatiche nei campi: in sintesi, il buon uomo, si “ammazzava” di lavoro.
E non è che, in caso di qualche acciacco, di cui, purtroppo, iniziò a essere toccato già da giovane, si recasse dal medico o in farmacia, i malanni, così come venivano, dovevano passare, da soli, ma, conseguentemente, col procedere, il suo fisico prese a risentirne.
Cosicché, saltuariamente, cadeva, addirittura, in pesanti debilitazioni, che lo costringevano a sottoporsi a serie terapie e cure.
Sotto questo regime di vita e di attività lavorativa, in pratica già prima dei cinquant’anni, le sue forze finirono col ridursi e, di conseguenza, zio Donato arrivò a scontare l’eccessiva operosità tenuta da ragazzo e da giovane, sotto forma di riposo impostogli.
Nell’ambito della periodica rotazione, non gli era toccata la leva del 1941, ovvero la mia, e, però, lo conoscevo bene, al pari dell’intera scolaresca, sin dal debutto fra i banchi, come l’insegnante, il maestro per antonomasia del paese, il più vecchio. Continua a leggere “Don Peppino la pinna po”
Manet: Le Déjeuner sur l’herbe (Paris: Musée d’Orsay)
Una cara amica, di latitudine geografica e, ahi me, anche di primavere parallelamente lontane, allorquando capitava di passare in rassegna e rivisitare col pensiero le parentesi dell’adolescenza e della prima giovinezza, in genere costellate, per fatto meramente naturale, di grappoli di boccioli amorosi, in seno ai correlati discorsi e confidenze, indulgeva sistematicamente alla vezzosa uscita “… si andava in camporella”. Continua a leggere “Andare in camporella, fra liste, contese e fragori di propaganda elettorale”
Sembra accadimento di ieri, eppure ben dodici calendari si sono succeduti dal mio passaggio, diciamo così, a vita privata, dopo circa un quarantennio di attività lavorativa, e dal contestuale ritorno nel minuscolo e defilato mondo dove sono nato.
Pastorizza sta per denominazione del fondo su cui insiste la mia casetta con pineta, dimora stabile in primavera e d’estate, approdo del weekend durante le restanti stagioni. Continua a leggere “L’eremita della Pastorizza”
Un quarantanovenne di Roma, da poco coinvolto in un nuovo legame affettivo (dopo il dissolvimento di una precedente unione) e desideroso di celebrare alla grande un incontro d’amore con la compagna, assume di botto due compresse di Viagra, ma, purtroppo, nel durante, finisce tristemente stroncato da un infarto.
Una signora del Frusinate, sentendosi “trascurata” dal coniuge e al fine di riaccendere nel partner la passione di una volta, pensa bene di sciogliere due analoghe pastigliette blu in un bicchiere di vino servito a tavola al marito, con l’unico effetto, però, che l’uomo è immediatamente colto da acutissimi dolori al petto e sudore freddo, la classica sintomatologia, giustappunto, dell’infarto. Immediata richiesta di soccorsi da parte della temeraria, ricovero in ospedale, fortunatamente il malcapitato se la cava, tanto da uscirsene con il generoso commento di chiaro perdono “quello di mia moglie è stato un gesto d’amore”. Continua a leggere “Viagra e tranelli”
Il 10 luglio 2007, rivolgendomi a Luigi Carrozzo, da poco eletto primo cittadino di Castro, oltre formulare gli auguri di buon lavoro, scrivevo in particolare:
“E’ urgente, Signor Sindaco, anzi improcrastinabile, soffermarsi sullo stato di un’importante strada del Suo Comune, Via IV Novembre: le condizioni del manto stradale sono, a dir poco, pietose, si fa fatica a trovare un metro quadrato integro, si corre, anzi si sobbalza, su un’interminabile serie di bitorzoli, avvallamenti, buche rattoppate male, avvallamenti pericolosissimi, insomma Via IV Novembre è assolutamente impercorribile e, da un momento all’altro, ci scapperà l’incidente, in aggiunta ai continui e seri danni e patimenti per automobilisti e motociclisti e, ovviamente, per i veicoli“. Continua a leggere “Le strade di Castro”
B., compaesano fra i settanta e i settantacinque, è vedovo ormai da lunga pezza.
Vive, da solo, nella vecchia, ancorché rammodernata, casa della “Rua”, dove ebbe i natali (per inciso, a beneficio dei più giovani, merita di ricordare che una volta i parti non avvenivano in ospedale o in clinica, bensì nel letto grande domestico, con l’assistenza della levatrice e delle familiari e parenti di sesso femminile già mamme) e abitò a lungo insieme con i genitori e i numerosi fratelli e sorelle.
E’ solo, giacché l’unico figlio, per ragioni di lavoro, si è stabilito in una capitale estera e ritorna da queste parti esclusivamente in estate e in qualche altra sporadica occasione. Continua a leggere “Un’istantanea intrisa d’umanità”
Accompagno ai giardinetti il mio nipotino Paolo di cinque anni.
Durante il rituale giro fra le varie attrezzature e installazioni di gioco e svago, ecco la sosta accanto alla giostrino, che è fatta girare dagli stessi piccoli utenti mediante spinte con le braccia su una ruota metallica posta nella parte mediana dell’apparato. Continua a leggere “Nomi propri dei bambini il giorno d’oggi”
Basta soffermare brevemente lo sguardo nel giardino di casa, in campagna, sul terrazzo, nella veranda, lungo i tronchi e i rametti degli alberi, in ogni dove, anche nel sito più strano e defilato (pare che abbiano scalato altissimi grattacieli, conquistando gli angoli di esclusive suite): se ne scorgono a vista d’occhio, a milioni, anzi a miliardi. Quasi che la specie, negli ultimi lustri, avesse subito un’immane esplosione, moltiplicandosi addirittura in termini incommensurabili.
Con la motivazione, invero reale, di dover assistere ad alcuni interventi di riordino nel giardino attiguo alla casetta delle vacanze, mi sono concesso una breve pausa, appena quarantotto ore, evadendo così dalle quotidiane abitudini personali fra le pareti domestiche e allontanandomi, in abbinata, dai frastuoni, dalle chiacchiere noiose, dalle beghe, il più delle volte senza senso, che caratterizzano la vita e la cronaca cittadina. Continua a leggere “UNA PICCOLA PARENTESI DISTENSIVA”
Suscita meraviglia, sbalordimento e, in certo senso, riprovazione materiale e morale, il contenuto dell’intervista rilasciata al “Corriere” (edizione di venerdì 2 luglio, pagina otto) da un giovane uditore giudiziario, per gli addetti ai lavori, MOC – Magistrato ordinario in tirocinio, fresco vincitore di concorso e da poco in servizio a Roma.
Il personaggio in questione definisce basso e inadeguato il suo stipendio iniziale di 2340 euro netti mensili (4.530.000 vecchie lire), destinato a passare, fra un anno e mezzo, se il periodo di “prova” sarà ritenuto positivo, a 2.900 euro netti (5.616.000 vecchie lire) e suscettibile, dopo altri due anni e mezzo e una seconda verifica, di un ulteriore incremento non precisato. Continua a leggere “SIGNOR GIUDICE, CHE CI VIENE A DIRE?”
A fianco della provinciale che declina, quasi scivolando, verso l’Arenosa, sul finire del primo rettilineo e immediatamente a ridosso del belvedere panoramico che spazia sulla costiera da Castro a Santa Maria di Leuca, si estende un appezzamento di terreno denominato “Magno”.
Rievoca, tale sito, antichi ricordi, risalenti addirittura ai tempi dell’infanzia, allorquando il fondo era condotto in mezzadria da una numerosa famiglia del medesimo rione, Ariacorte, in cui è nato e cresciuto chi scrive, per, poi, passare agli zii che vi coltivavano cereali e, soprattutto, tabacco. Continua a leggere “ACINI D’ESTATE”