Storia

La lunga notte di Taranto

di Lucio Causo

11 novembre 1940 

GLI AEROSILURANTI INGLESI ATTACCANO LE CORAZZATE ITALIANE

ORMEGGIATE IN MAR GRANDE

L’attacco di aerosiluranti contro la base di Taranto, dov’erano concentrate le sei corazzate di cui disponeva la Marina italiana, era stato studiato dagli inglesi sin dal 1935. Dagli anni della crisi italo-britannica per l’occupazione dell’Africa Orientale, il piano, che prevedeva l’impiego di portaerei, fu ripreso e perfezionato nel 1938 dal Capitano di Vascello Lyster, poi Comandante della formazione che avrebbe effettuato il micidiale attacco notturno. Alla fine, fu l’Ammiraglio Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet, che decise di sferrare l’attacco a Taranto nel primo autunno 1940. L’occasione propizia fu offerta dall’arrivo ad Alessandria d’Egitto della portaerei Illustrious, sulla quale erano imbarcati i biplani Swordfish, progettati nel 1933 e largamente impiegati dalle portaerei inglesi come aerosiluranti e come bombardieri. L’attacco fu programmato per il 21 ottobre, anniversario della battaglia di Trafalgar, ma un grosso incendio a bordo della portaerei Illustrious, che doveva compiere l’OperazioneJudgement (come venne denominata dagli inglesi), determinò il rinvio al 4 novembre successivo. Questa data fu ulteriormente differita per inconvenienti tecnici alle portaerei Eagle e Illustrious. L’operazione prese il via il 6 novembre 1940, quando da Alessandria uscirono le corazzate Warspite, Ramillies, Valiant e Malaya, la portaerei Illustrious con 30 Swordfish a bordo, ed alcuni cacciatorpediniere che dovevano scortare convogli mercantili diretti da Suda a Malta. Il 7 novembre uscirono dalla base di Gibilterra, la corazzata Barham e gli incrociatori Berwick e Glasgow (costituenti la Forza H) per unirsi alla flotta di Alessandria. L’aviazione italiana aveva avvistato sia la Forza H di Gibilterra, che il gruppo di navi uscite da Alessandria e le attaccò fino a tutto il 10 novembre. I movimenti delle unità inglesi servivano apparentemente per rifornire l’isola di Malta. Ad un certo punto gli aerei italiani persero le tracce della portaerei Illustrious che, ben protetta dai suoi caccia Fullmar, sfuggì alla ricognizione e si portò verso la costa greca dello Ionio. L’11 novembre, la portaerei britannica si trovò, senza essere avvistata, in un punto collocato a circa 40 miglia ad est dell’isola di Cefalonia e a circa 170 miglia dalla base di Taranto. Qui, secondo i piani, sarebbe avvenuto il lancio degli Swordfish. Nella stessa giornata, un ricognitore della portaerei scattò le ultime fotografie della base di Taranto e si ebbe la conferma che la flotta italiana era presente al gran completo.

Le navi italiane si trovavano in porto per una visita di Mussolini alle Forze Navali e per festeggiare il genetliaco del Re. Il grosso della flotta era ancorato in Mar Grande su un fondale di 12/15 metri. Vi erano le corazzate Littorio, Giulio Cesare, Cavour, Vittorio Veneto, Doria e Duilio. Esse erano parzialmente protette da 4200 metri di reti parasiluri fino a 10 metri dal pelo dell’acqua. Il sistema completo di protezione prevedeva 12.800 metri di reti, ma il Comandante in Capo della Squadra, Ammiraglio Inigo Campioni, aveva deciso in questo modo per lasciare alle navi la possibilità di rapida manovra in caso di necessità. Ad ovest della rada erano ormeggiati gli incrociatori pesanti Fiume, Zara, Gorizia ed alcune torpediniere. Tutte le altre unità si trovavano all’ancora in Mar Piccolo. Fra queste vi erano gli incrociatori Duca degli Abruzzi, Garibaldi, Trieste, Trento, Bolzano, Pola; la nave appoggio Miraglia, numerosi cacciatorpediniere ed altre unità minori. La difesa contraerea attiva della base era affidata a 21 batterie con 101 cannoni; 68 complessi di mitragliere; 109 mitragliere leggere in posizioni fisse e galleggianti; 27 palloni aerostatici per contrastare gli aerei (ma il giorno precedente l’attacco, un forte vento ne aveva strappati via 60), una rete di scoperta aerea e 22 proiettori. La fase cruciale dell’Operazione Judgement prese l’avvio alle 20.30, quando, nel punto designato, la portaerei Illustrious fu pronta per il decollo degli aerei. In quel momento era protetta dagli incrociatori York, Gloucester, Glasgow, Berwick e da quattro cacciatorpediniere. Alle 20.40 decollarono dal ponte della nave gli Swordfish della prima ondata: 12 aerei di cui 2 bengalieri, 4 bombardieri e 6 aerosiluranti. Alle 23.02 comparvero all’improvviso nel cielo di Taranto, illuminato dalla luna piena. La piazzaforte era già in allarme e le batterie aprirono subito il fuoco di sbarramento perché il rombo degli aerei si sentiva molto vicino. Si accesero i primi bengala che illuminarono il lato orientale del Mar Grande, mettendo in evidenza le sagome delle navi alla fonda. I cannoni si misero a sparare verso quella direzione, contro i bombardieri che cominciavano a sganciare le bombe sui depositi di carburante e sulle unità ancorate in Mar Piccolo. Gli aerosiluranti erano pronti a lanciarsi contro le corazzate ormeggiate in Mar Grande. Alle 23.12 il primo Swordfish, picchiando a motore spento, sganciò il suo siluro che colpì la Cavour a prora, sulla sinistra. L’aereo fu abbattuto dalle mitragliere della corazzata. I piloti furono tratti in salvo. I due aerosiluranti che seguivano il primo lanciarono i siluri contro l’Andrea Doria, mancando il bersaglio. Pochi istanti dopo, alle 23.15, altri due Swordfish, giungendo dai lati opposti, colpirono la Littorio con un siluro a prua, sul lato destro, e con un altro a poppa, sulla sinistra. Alle 23,16, l’ultimo aerosilurante lanciò contro la Vittorio Veneto il suo siluro che esplose prima del bersaglio per un difetto del detonatore. Quattro minuti dopo le batterie cessarono di sparare: era terminata la prima ondata degli attacchi. Ci fu una breve pausa. Poi, alle 23.25, arrivò su Taranto la seconda ondata di otto Swordfish che completò l’opera della prima incursione. Alle 23.30 le batterie aprirono di nuovo il fuoco di sbarramento mentre i bengala illuminavano a giorno il Mar Grande. Alle ore 00 del 12 novembre, il primo aerosilurante piombò, a motore spento, sulla Duilio colpendola con un siluro a prua, sulla destra. Un minuto dopo, due aerosiluranti attaccarono contemporaneamente la Littorio: un siluro colpì la corazzata al centro della murata destra, l’altro siluro non esplose (sarà poi ritrovato in fondo al mare). Alla stessa ora, un altro aereo lanciò il suo siluro contro la Vittorio Veneto, ma anche questa volta la nave ammiraglia fu mancata. L’ultimo Swordfish fu colpito in pieno mentre attaccava l’incrociatore Gorizia. Il suo siluro, lanciato da grande distanza, finì nel fondo. Con questo lancio, alle ore 00.30, terminò la missione degli aerei britannici su Taranto. Tranne i due abbattuti, gli Swordfish tornarono isolatamente a bordo della Illustrious nelle due ore successive. Per il cattivo tempo, l’Ammiragliato di Londra decise di non dare corso alla terza incursione su Taranto con sei aerosiluranti, sette bombardieri e due lanciarazzi, prevista per la notte del 12 novembre 1940. E fu una vera fortuna per le nostre navi! Al cessare dell’allarme, i cittadini di Taranto si precipitarono sul Lungomare, stupiti per quello che era accaduto. Molti piangevano guardando le corazzate avvolte dalle fiamme e dal fumo denso in Mar Grande. La confusione era enorme. Alcuni edifici erano stati colpiti, la gente correva all’impazzata. Le autoambulanze, a sirene spiegate, facevano la spola da Mar Grande all’Ospedale Militare. Quella notte i siluri inglesi avevano provocato i danni più gravi alla corazzata Cavour, quindi alla Littorio e poi alla Duilio. Danni lievi da bombe avevano riportato l’incrociatore Trento e i cacciatorpediniere Libeccio e Pessagno. Alla fine il bilancio fu di 85 morti, di cui 55 civili, e 581 feriti; colpite sette navi da guerra ed alcuni mercantili ormeggiati in Mar Piccolo.

Alle ore 04.45 del 12 novembre 1940 fu portata ad incagliare la Duilio; alle 05.00 toccò alla Cavour, il cui equipaggio fu fatto sbarcare alle 05.45; alle 6.25 fu incagliata la Littorio.

Schema di attacco degli aerosiluranti
“Operazione Judgement Taranto”. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons

Lo stesso giorno Supermarina dispose il decentramento delle altre unità della squadra a Napoli, Messina, Palermo e Augusta. La Littorio, riparata all’Arsenale di Taranto, rientrò in servizio il 9 marzo 1941; la Duilio, trasferita a Genova il 26 gennaio 1941, rientrò in squadra il 16 maggio 1941; la Cavour, rimessa a galla e rimorchiata a Trieste il 22 dicembre 1941, non rientrò mai più in servizio. L’attacco inglese contro le corazzate italiane ebbe particolare successo anche perché gli aerei impiegarono siluri con acciarino magnetico che esplodevano passando sotto lo scafo delle navi. Il successo britannico a Taranto fu un colpo durissimo per la Marina italiana, che aveva perduto il 50% della propria potenza bellica in una sola notte.

L’Ammiraglio A.B.Cunninghum scrisse per l’occasione che la Marina aveva trovato nell’aviazione navale la sua più potente arma. La pariglia fu poi restituita agli inglesi la notte del 19 dicembre 1941, quando i nostri valorosi sommozzatori, al comando del Tenente di Vascello Luigi Durand de la Penne, con i mezzi d’assalto della Marina (i famosi maiali), forzarono la base di Alessandria ed affondarono le corazzate Queen Elizabeth e Valiant.

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