Cultura salentina

Il 25 aprile e il 1945 a Maglie

di Mario Andreano

La Festa nazionale del 25 aprile ricorda il giorno in cui, nel 1945,  Milano e l’Italia settentrionale venivano liberate dai nazisti e dai fascisti. Quel  25 aprile rappresentò il nuovo inizio dell’Italia democratica, libera e repubblicana.

L’ Anpi  quest’anno  ha lanciato un appello per celebrare la Liberazione e far sentire le voci della nostra comunità. Mai come in questo momento il nostro Paese ha bisogno di ricordare l’importanza e il significato di questo giorno, specie oggi che da più parti politiche si cerca di screditare questa ricorrenza.

Mentre i partigiani in quel lontano 1945 al canto di “Bella ciao” proclamavano l’insurrezione generale cominciando una serie di attacchi e proseguendo i combattimenti fino all’inizio di maggio per liberare Milano e Torino dall’occupazione straniera, l’Italia meridionale, da tempo liberata, si dedicava alla riorganizzazione politica e sociale attraverso i Comitati di Liberazione.

E allora  conoscere quale atmosfera militare, politica e sociale si respirava nella piccole realtà cittadine meridionali, e raccontare quel 1945, guardando alla città di Maglie in quell’anno così cruciale per il futuro dell’Italia e degli italiani, ci aiuta a comprendere come attraverso modi diversi di lotta e di azione politica ci si preparava a far nascere la nuova Italia Repubblicana.

 

A  Maglie il 1945 vedeva impegnati i rinati partiti politici (PCI, PSI, Pd’Az, DC, PLI, PDdL) uniti nel Comitato di Liberazione Comunale, nella faticosa azione di cancellare e sostituire tutto quello che aveva avuto a che fare col fascismo. Impresa difficile e spesso con risultati poco soddisfacenti. Già dal 20 luglio 1944  era stato scelto dal Comitato di Liberazione Comunale   a sindaco con nomina prefettizia Clodomiro Catalano , farmacista, espressione del PSI magliese non senza contrasti tra i partiti.

Il gennaio di quell’anno vide a Maglie lo stanziamento del 25° Reggimento Cavalieri polacco.

In realtà i soldati polacchi erano arrivati nel Salento durante il 1944, insediandosi nei pressi di Mottola. Questa benefica invasione polacca cambiò notevolmente la vita di molti paesi e i cittadini salentini vinsero subito la riservatezza iniziale e familiarizzarono con gli ospiti stranieri.

Nel Salento agli inizi del 1944 i polacchi avevano impiantato una grossa Base del 2° Corpo d’Armata a San Basilio, presso Mottola. I soldati polacchi assegnati alla Base erano tutti riservisti, provenivano da ogni parte del mondo ed avevano combattuto agli ordini del Generale Anders che nel maggio del ’44 aveva espugnato, a prezzo di moltissime vite, l’imprendibile Montecassino.

Anche per i magliesi ben presto la iniziale diffidenza divenne fiducia, addirittura amicizia. I soldati polacchi, nella permanenza in Maglie, dimostrarono la loro educata sensibilità sociale e lo spirito di umile servizio, che mettevano a disposizione delle famiglie cittadine che li circondavano di sincera simpatia. Un ricordo dei polacchi, ancora vivo nella mente dei nostri padri, è il particolare attaccamento alla religione cattolica, che ravvivavano in frequenti assemblee parrocchiali: testimonianza significativa ne è il medaglione che i Cavalieri polacchi hanno lasciato nella chiesa Matrice della città. Esso rappresenta la Madonna della Vittoria, sostenuta dall’aquila polacca, disegnata dell’ufficiale Siemiradzki nel campo di concentramento di Kozielsk e scolpita dall’artista magliese Giuseppe Conte. La cerimonia della donazione del bassorilievo si tenne alla vigilia della partenza degli stessi soldati che avevano soggiornato per soli quattro mesi. In quel 29 aprile il comandante del 25° Reggimento di Cavalleria polacco, Col. Lewicki, donava al sindaco della Città Clodomiro Catalano il medaglione. Il primo cittadino ricambiava con un gagliardetto, realizzato dalle abili mani di ricamatrici magliesi, e con una trombetta d’argento, ambedue conservati nel Museo polacco di Londra. Erano presenti alla cerimonia anche l’Arcivescovo di Otranto Cuccarollo e il prefetto di Lecce. Naturalmente alla partenza del 25° Reggimento Cavalleria si alternarono altri reparti polacchi che restarono nella città sino alla fine del 1946, allorquando sgombrarono sia i locali del Liceo Capece, sede delle truppe, sia Villa Zoraide in zona Policarita, alloggio degli ufficiali.

Il 1945 dal punto di vista sociale fu caratterizzato da una crescente disoccupazione di manodopera agricola e operaia. La situazione era diventata più precaria che mai. Lo spostamento delle forze alleate dal Salento verso il nord scavò un solco profondo nella mobilitazione dei lavoratori. Esse ne assorbivano ben tremila. Si aggiungevano, poi, le unità che rientravano dal nord d’Italia, dei patrioti e dei prigionieri. Altro motivo di inquietudine era quello di un insignificante assorbimento di mietitori per la «eccezionale» siccità di quell’anno. Con grande preoccupazione il pro tempore Catalano si premurava di segnalare alle autorità provinciali la pesante situazione dei disoccupati che per quell’anno erano più di 250 tra contadini e manovali. Si cercò allora di alleviare la difficile situazione con lavori di pulitura di canali zappatura di oliveti. A questo si aggiunse l’aiuto del Genio Civile che avviò i lavori di colmatura di 5 km di trincerazioni anticarro scavati durante la guerra per la difesa della città. ed infine fu prevista anche una spesa per la sistemazione delle vie interne. Questi progetti costarono in tutto 16 milioni e furono appaltati dalla Camera Confederale del Lavoro.

Per quello che concerne la politica, invece, nei primi mesi del 1945 si cercava, da parte dei vari partiti, di vigilare affinché nessuno potesse avvantaggiarsi nella corsa alle elezioni amministrative che si sarebbero svolte nel marzo dell’anno seguente.

In quell’anno tra i partiti magliesi era scoppiata una forte disputa tra quelli di sinistra (PCI, PSI, Pd’Az) e quelli di destra (DC, PLI, PDdL). Si cercava da una parte e dall’altra di monopolizzare il controllo sull’appena nata Camera del Lavoro. Le accuse che la Democrazia Cristiana rivolgeva soprattutto al locale PCI, erano quelle di fare all’interno dei locali della Confederazione propaganda politica attraverso la distribuzione di giornali di partito. Di contro il PCI accusava la D.C. di sollevare una questione inesistente, favorendo così il creare contrasti tra i tre partiti di massa (D.C., PCI, PSI) e minando l’unità nel Comitato di Liberazione.

Nel corso di quell’anno non mancarono serrati confronti all’interno del C.L magliese. Si cercava in tutti i modi da parte della sinistra di far decadere dalla carica di presidente del C.L. Francesco Casatello con accuse di non prodigarsi verso le fasce più deboli della popolazione magliese.

Nella  risposta il Presidente Casatello ed anche segretario della sezione locale della DC.  veniva ribadita con forza la bontà del suo operato in seno al Comitato tutto teso «verso il pubblico bene».

Negli ultimi mesi del 1945 si acuiva la disoccupazione. La   Camera del Lavoro di Maglie alla fine di novembre si fa portatrice delle reiterate proteste di molti contadini e lavoratori, rilevando «[…] che la reazione monarchica e neofascista riaffiora con manifestazioni di disordini e violenza per sopprimere le libertà democratiche, assalendo e devastando le sedi dei partiti di sinistra e le organizzazioni economiche […]» e notato che alcuni movimenti «[…] pseudo democratici […]» stavano mirando a «[…] riportare l’Italia nel caos del 1922, sabotando così l’opera dei lavoratori per la rinascita e la ricostruzione del paese […]» i lavoratori magliesi riaffermavano la volontà «[…] di impedire che alla dittatura dei gerarchi si sostituisse, sotto false forme democratiche, la dittatura dei ras del capitale». La Camera del Lavoro di Maglie proclamava, perciò, per il 19 novembre 1945 due ore di astensione dal lavoro in segno di protesta.

Cominciava con queste timide reazioni una nuova fase per la ricostituzione delle organizzazioni sindacali e per la costruzione di una nuova progettualità sociale, per combattere mentalità e abitudini, soprattutto degli agrari, che si scontravano con le richieste di riforme da parte dei lavoratori per uscire da quelle secolari condizioni di sfruttamento e miseria.

Ma purtroppo il Meridione non riuscì mai a liberarsi della subdola colonizzazione italiana, dalla povertà e dalla disoccupazione; e mai sarebbe riuscito a liberarsi definitivamente da coloro che avevano avuto le mani in pasta col fascismo pure… con la complicità degli Alleati, i quali, sbarcati in Sicilia nel luglio del 1943, favorirono nel sud i movimenti articolati sulle vecchie clientele non esclusa le mafie e imperniati sul potere monarchico, opacamente ostile ai nuovi partiti .

Nel Mezzogiorno la fuga di Pescara e poi a Brindisi del Re non aveva sollevato gli stessi sdegni che aveva sollevato negli ambienti antifascisti e popolari del nord.  Il fatto che il personale del regime fascista rimaneva al suo posto era frutto di uno stretto collegamento con interessi clientelari della provincia meridionale e con quelli del vertice badogliano. La particolare arretratezza politico-amministrativa della rete antifascista nel sud impediva ai gruppi politicamente e socialmente più avanzati di raccogliere le masse della piccola e media borghesia soprattutto rurale, le quali preferivano raccogliersi su una piattaforma tendenzialmente conservatrice. Gli orientamenti degli ambienti dinastici, militari, burocratici installati provvisoriamente a Brindisi, tendevano quindi a saldarsi con gli interessi della borghesia agraria del mezzogiorno. L’accoglienza che veniva fatta al Re dalla ricca famiglia agraria magliese  Tamborino, che in particolari pericolose incursioni aeree nascondevano la famiglia reale nella lussuosa villa “Casina” in via Lecce e inoltre i costanti rapporti tra 1943 e il 1945 con il Maresciallo Badoglio  sono la riprova di questi forti legami con gli ambienti salentini della borghesia agraria. E Maglie in quel periodo era punto di incontri ufficiali e anche segreti con rappresentanti militari e politici del Salento, che venivano accolti da Badoglio, ospite di Giuseppe Tamborino.

In conclusione lunga sarebbe stata ancora la lotta per affermare nella nuova Italia repubblicana la giustizia sociale nei rapporti di lavoro .

Ecco perché il  25 aprile è una data importantissima per il nostro paese, un modo per ringraziare il sacrificio di tanti italiani. I partigiani che hanno spesso pagato la loro resistenza al regime fascista perdendo la vita e negli anni seguenti i lavoratori che hanno lottato per conquistare i diritti sociali.

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