Cultura salentina

Ode all’ulivo

Arborvitae
Arborvitae (ph. Gianfranco Budano)

L’ulivo. Antico, anatomico, asimmetrico, bello, bizzarro, buffo, bruno, buddistico, buono, calmo, cavo, consunto, concavo, convesso, contorto, creativo, coraggioso, disinvolto, diverso, divertente, duro, doppio (ma anche triplo, quadruplo), emozionante, estroso, fertile, fiero, flessibile, fotogenico, fraterno, forte, generoso, grande, impassibile, incredibile, leale, lento, libero, maieutico, metamorfico, necessario, onesto, ozioso, pacifico, pazzesco, perfetto, pesante, pigro, pingue, poligamo, profondo, quieto, resiliente, reciproco, robusto, rozzo, sacro, scaltro , scalzo, scapolo, silenzioso, straordinario, terapeutico, taciturno, umile, unico, vecchio, utile, vero, vivo.

“Gli ulivi pugliesi hanno lo stesso valore di un’anfora etrusca, di una moneta dell’antica Roma, di un vaso greco” (Niki Vendola)

“L’ulivo è dentro la nostra natura e il nostro paesaggio: è la sintesi della nostra storia” (Niki Vendola)

Non potrei essere più d’accordo. Poche cose sono così salentine, così profondamente radicate in ognuno di noi che vive e respira questa terra come l’ulivo, la pianta che ci ha accompagnato, accolto, nascosto, protetto, meravigliato, parlato al cuore fin dai nostri primi giochi di bambini nelle campagne intorno ai paesi dove siamo cresciuti.

Ulivo salentino in un'immagine di Barbara Baldassarre

Secondo una delle tante leggende sull’ulivo, esso sarebbe stato creato dalla dea Atena in una disputa con Poseidone per ottenere il controllo della città di Atene: avrebbe vinto chi avesse fatto il dono più utile agli uomini.

Poseidone creò il cavallo, Atena fece nascere dal terreno l’albero dell’ulivo. La vittoria fu assegnata da Zeus ad Atena in quanto tra i due doni l’albero dell’ulivo era quello che maggiormente avrebbe potuto offrire pace e prosperità agli uomini.

L’ulivo giunse poi in Puglia, e quindi in Italia, grazie ad Ercole (ancora lui…), che costeggiando le spiagge del Mediterraneo batteva per terra con il proprio bastone di legno d’ulivo, facendo così nascere ogni volta un nuovo albero.

Passeggiare tra uliveti secolari e fermarsi con stupore rinnovato davanti ad ogni albero, ad ogni tronco, ad ogni forma bizzarra è un’esperienza unica. Unica perchè non ti senti “estraneo”, ma parte di quel mondo così fuori dal comune, così lontano da tutto quello che ti circonda quotidianamente. E le forme, così vive, così u m a n e.

Ulivo salentino in un'immagine di Barbara Baldassarre

Il movimento è lì in agguato, da qualche parte, e cerchi di capire dove si nasconde. In ogni nodo, nella torsione dei rami vedi i tendini tirati al massimo, come podisti nella tensione che precede lo scatto, come danzatori immobili nell’attesa di udire la prima nota. Istantanee di una dimensione temporale propria di Kairòs, il fratello “perduto” di Kronos, testimoni muti ed immobili di un “tempo dell’essere e dell’anima” che la frenesia della “civiltà” non ci consente più di vivere né di vedere.
Chissà.
Forse è stato veramente Ercole, oppure i Greci, gli Egiziani o i Fenici… Però poco importa, ormai l’ulivo ci appartiene.

O forse, senza saperlo, siamo noi ad appartenere a lui.

9 pensieri su “Ode all’ulivo”

  1. Credo sia proprio questa prossimità dell’ulivo all’uomo – ben colta da Barbara – a stupirci; ognuno è unico, ognuno esegue la sua irripetibile figura di questa muta e immobile danza, ognuno è, in fondo, solo, lì, sul palcoscenico, tra i campi affollati dei suoi simili

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  2. “Eccoli, gli ulivi che amavo! Tormentati nel ceppo e pacificati nelle alte fronde leggere; quei tronchi cartocciati e spaccati, scavati e mozzati dall’ uomo e dal fulmine, gravati d’escrescenze mostruose o filigranati e forati; simili, a volte, a colate di ghisa, a scogli marini, ad esseri dannati, a bestie squartate.
    Tronchi, ed in ognuno un’anima: disperata o plorante, aggressiva o triste, dolorosa sempre, rami attorti e vaste chiome agitate che nei giorni di vento urlano insieme il loro dolore, immenso come lo scroscìo del mare, rovesciando spruzzi d’argento.
    L’ ULIVETO, questo vasto mare fronzuto, scoglioso di tronchi, seno ospitale per infinite creature, celava nidi a migliaia fra la sua seta frusciante; e per donnole e volpi, per serpi e marmotte migliaia di tepidi covi nei tronchi; e per talpe e lombrichi, per formiche e scarabei intricati meandri ramificavano nella rossa polpa della terra.
    Ma per l’uomo, strano bipede di tenera pelle e visceri delicati, l’uliveto non aveva che pietre, ma bastavano queste, poichè egli conosceva il modo migliore d’ammucchiarle attorno a riparo.”
    Dal racconto “Il trullo tra gli ulivi” -1952- di Gino Gabrieli (1910-1959)

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  3. “….Eccoli gli ulivi che amavo! Tronchi, ed in ognuno un’anima: disperata o plorante, aggressiva o triste, dolorosa sempre, rami attorti e vaste chiome agitate che nei giorni di vento urlano insieme il loro dolore, immenso come lo scroscìo del mare, rovesciando spruzzi d’argento….”

    Dal racconto “Il trullo tra gli ulivi” -1952- di Gino Gabrieli (1910-1959)

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