Non è di “DR Arte Orafa”, l’atelier di preziosi presente a Nardò fin dal 1992 che qui si intende parlare. Sicuramente l’esercizio è tra le più prestigiose botteghe orafe della provincia di Lecce, ma di gioiellerie è pieno il Salento, tantomeno mancano validi maestri orafi che alla vendita al dettaglio di prodotti dei grandi marchi abbinano le proprie creazioni artigianali.
È piuttosto Davide Ronzino (Nardò, 1966), il suo titolare, che merita di essere posto in luce quale maestro argentiere di primo livello, formatosi sulla scia della migliore tradizione del Seicento e del Settecento napoletano, tanto come creatore, tanto come restauratore di numerosi tesori dell’argenteria – soprattutto sacra – presente in Terra d’Otranto. Sono dovute al suo bulino le tre grandi anfore in argento e cristallo, custodite nella Basilica Cattedrale di Nardò, contenenti gli Oli Santi, benedetti annualmente durante la Messa del Crisma e da cui le varie parrocchie della diocesi attingono l’olio dei catecumeni, il sacro crisma e quello degli infermi, per l’amministrazione dei sacramenti cristiani.
I tre vasi sono esposti lungo la navata sinistra del Duomo, in un’antica nicchia nella parete, accanto al trittico affrescato raffigurante la Vergine col Bambino, San Nicola di Myra e la Maddalena orante. È lui l’autore del calice e della pisside argentei, decorati con motivi di gusto contemporaneo a tralci di vigna e spighe di grano, realizzati sempre per la Cattedrale di Nardò nel 2012 e impiegati per la prima volta durante la messa crismale di quell’anno. Sono dovuti alla mano di Ronzino anche il bacile e brocca argentei per la stessa Cattedrale, da usare durante il rito della lavanda dei piedi nel giovedì santo.
Pregevole è pure la croce pettorale argentea, contenente la reliquia dei precordi di San Filippo Neri, realizzata dal maestro per mons. Edoardo Aldo Cerrato, vescovo di Ivrea, in occasione della sua ordinazione episcopale in Santa Maria in Vallicella a Roma, l’8 settembre 2012. Lui stesso, nel gennaio 2011, aveva realizzato le cinque frecce argentee e la palma martiriale, sempre in argento, per la seicentesca statua lignea di san Sebastiano, restaurata e ricondotta solennemente nella Collegiata di Galatone.
È a lui che si devono le deliziose stelle in argento che adornano il manto della statua lignea della Vergine delle Grazie nella Matrice di Sannicola, riportata allo splendore originario. Ai numerosi altri lavori di creazione artigianale, troppi da menzionare uno per uno, si somma la notevole qualità negli interventi di restauro, ricostruzione, pulitura, lucidatura e indoratura mediante bagno galvanico di molte suppellettili liturgiche e vasi sacri provenienti dai tesori di varie chiese salentine: dalla Basilica Cattedrale di Nardò a quella di Gallipoli, dal Rosario di Copertino alla Grazia di Galatone, dal Carmine di Nardò al Carmine di Gallipoli. Ciò che è certo, il marchio assegnatogli ormai tanti anni fa dalla Camera di Commercio, “LE 64”, impresso con tocco deciso sulle sue creazioni, rimarrà alla storia come alla storia sono rimasti i punzoni dei grandi argentieri napoletani, di cui Davide Ronzino può dirsi l’ultimo grande erede nell’estremo lembo d’Italia.
Francesco Danieli, classe 1981, è originario di Galàtone (Le).
Conseguita la maturità classica a Nardò nel 1999, intraprende gli studi di Filosofia e Teologia che lo condurranno alla laurea presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli nel 2004. A Roma, alunno dell'Istituto di Archeologia Cristiana, ottiene nel 2007 il diploma postuniversitario in Archeologia. Sempre nella capitale, presso l'Università della Santa Croce, consegue nel 2008 la licenza in Teologia e la specializzazione in Storia. Presso la medesima Università vince il dottorato di ricerca in Teologia - Storia, discutendone la tesi nel 2010.
Già sodale dell’Associazione Archivistica Ecclesiastica, dal 2010 è membro della Società di Storia Patria per la Puglia (deputazione di Lecce).
Nel 2007 è cofondatore della rivista «Spicilegia Sallentina», semestrale volto alla riscoperta e valorizzazione dei tesori culturali e ambientali di Terra d’Otranto. Ne sarà vicedirettore fino al 2011. Per le Edizioni Universitarie Romane, casa editrice legata all'università "La Sapienza" di Roma, è direttore fin dal 2007 della collana editoriale «Gli Argonauti», strumento scientifico che accoglie studi a carattere storico, artistico e antropologico culturale. Fa parte del comitato di redazione de "L'Idomeneo", rivista della facoltà di Beni Culturali dell'Università del Salento.
Organista di talento e concertatore d’esperienza, tra il 2000 e il 2008 dirige varie cappelle musicali prima nel Salento e poi a Roma. Ha pure composto versi e musica di numerosi inni e canti sacri, alcuni dei quali incisi su cd, variando nel suo repertorio tra il neo gregoriano, il polifonico, il swing e il beat.
È autore di cabaret e sforna esilaranti commedie in vernacolo salentino, messe in scena periodicamente in tutta la provincia di Lecce da varie compagnie teatrali.
Cultore della materia presso la cattedra di Storia Sociale dei Media, corso interfacoltà (Scienze della Comunicazione e Beni Culturali) dell'Università del Salento, collabora con diverse associazioni culturali nazionali ed è invitato a intervenire a conferenze e tavole rotonde in tutta Italia. Intellettuale eclettico e uomo dalle mille risorse, nell'oceano delle sue competenze si è fatto notare a livello nazionale soprattutto nell'ambito degli studi di interpretazione delle immagini, tanto da essere definito «uno dei maggiori iconologi italiani, capace di penetrare le opere d’arte – soprattutto quelle a soggetto religioso – palesando il messaggio criptato che committenti e artisti vollero imprimere in esse secoli e secoli fa».
Ciò che stupisce e ammalia della sua persona, però, è la stravagante e al contempo armonica commistione tra sfera intellettuale e sfera manuale. Acerrimo nemico del cemento armato, è tra gli ultimi custodi della muratura leccese all'antica, che trova le sue massime espressioni nelle tipiche volte a botte e a stella (spigolo, squadro, padiglione lunettato). Formatosi alla "scuola edile" pratica dei vecchi maestri, durante un lungo apprendistato giovanile, condivide con passione le antiche tecniche con quei "discìpuli" che, andando controcorrente, si affidano alla sua competente esperienza. Per loro e per molti altri è "Mesciu Cicciu". Unico titolo che lo inorgoglisce! Titolare di una piccola impresa individuale di muratura, è questa la professione che garantisce il sostentamento a lui ed alla sua famiglia, in aderenza all'antico adagio oraziano, per cui "carmina non dant panem".
Ha scritto vari volumi e ha firmato numerosissimi apprezzati contributi a carattere storico, artistico, antropologico e teologico per opere miscellanee e riviste cartacee e telematiche.
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