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Lu lupu alli pecuri: la leggenda della Campana d’ Oro di Scerza

di Gianfranco Mele

img 1 scerza zona grotta campana d'oroTra gli anni ’70 e ’80 l’imboccatura della grotta di Scerza a Sava è stata ostruita, non si sa bene da chi e per quale motivo, e pertanto non è più accessibile. Il sito dovrebbe essere recuperabile in quanto l’ostruzione interessa, a quanto sembra, soltanto la scalinata d’accesso, e un suo ripristino potrebbe raccontare molto della storia dei luoghi, dal momento che sino al periodo della sua chiusura non è stata oggetto d’indagine neanche da parte dei cultori della storia e dell’archeologia locale.

img 2 cappella di ScerzaQuesta località ha tramandato leggende che si perdono nella notte dei tempi, ancora vive nella memoria dei contadini, e la leggenda più popolare è riferita proprio alla grotta. Uno storico locale, Giglio Caraccio, scrive in un suo libro dato alle stampe nel nel 1987: “Personalmente non l’ho potuta visitare poiché, recandomi sul posto con due gentili accompagnatori, abbiamo visto che è stata affogata, cioè riempita di pietrame rendendo così difficile, anzi impossibile senza rimuovere le pietre, accedervi a visitarla. Questa era ed è chiamata “grotta della campana d’oro” sia perchè specificamente è il nome della zona sia per vecchie leggende” .   

img 3 Scerza zona grottaBenchè la grotta sia citata, seppur fugacemente, da altri ricercatori locali che però mai hanno potuto ispezionarla, il Caraccio è l’unico a fornirne una descrizione, seppur raccolta dalle testimonianze di terzi: “A chi ho chiesto notizie mi ha detto che si tratta in effetti di uno scavo sotterraneo della grandezza di una stanza di 16-20 metri quadrati con mangiatoie, specie di lettiere per sdraiarvisi e vi si accedeva da un’apertura non molto grande.”

A questo punto il Caraccio ipotizza una destinazione d’uso (ricovero per animali) non suffragata però da alcun dato o testimonianza obiettiva. Oltretutto, si sa, questo genere di luoghi, cavità naturali plasmate, rimodellate e adattate dall’uomo per sue finalità specifiche, nel tempo hanno subito utilizzi diversi: da luoghi di culto a depositi, o rifugi, o nascondigli durante incursioni, ecc.ecc..

Due attuali informatori, mi raccontano che durante la loro infanzia hanno frequentato la zona della grotta essendo i genitori proprietari di terreni nei paraggi. Il primo afferma di avere un ricordo sbiadito della grotta ma di esservi disceso (nonostante le raccomandazioni degli anziani di non avvicinarsi all’ “occhiatura) per poi tornare rapidamente in superficie. Il secondo racconta: da piccoli ci raccomandavano di non avvicinarci in quella zona proprio perché c’era “un buco nero”, almeno così ci diceva mio zio; ovviamente per noi era come una calamita quel posto infatti ci giravamo sempre intorno”. La seconda testimonianza in particolare, dimostra  quanto la grotta in questione suscitasse paure e suggestioni nella gente di Sava e di come la sua frequentazione fosse considerata un tabù: fatti che devono aver generato la decisione dell’ ostruzione dell’ingresso. Ma cosa celano davvero la grotta e l’ambiente circostante, al di là delle favole? L’indagine archeologica sul sito specifico di Scerza è praticamente nulla, ma sappiamo da studi pubblicati che la adiacente contrada Petrose è stata oggetto di frequentazione sin dal Neolitico, con insediamenti successivi  rapportabili al periodo della colonizzazione romana, alle presenze dei Monaci Basiliani, e, a seguire, fino al periodo del feudalesimo moderno.   

Le leggende popolari riferiscono di un tesoro custodito nella grotta: la Campana d’Oro. Si tratta di una leggenda ricorrente in varie località italiane: in Salento la si ritrova ad esempio presso la Serra di Poggiardo, ma si trova anche a Santa Margherita Ligure e a Volastra in Liguria, a Sassalbo in provincia img 4 imboccatura ostruita della grottadi Massa-Carrara, a Porciano in provincia di Arezzo, e in numerosi altri luoghi. I racconti popolari riferiti a questo mitico tesoro contengono varianti in ciascuna località ma anche elementi comuni.

la leggenda della Campana d’Oro di Scerza si è sviluppata in versioni differenti. Un elemento che ho raccolto personalmente come costante nei racconti e nei ricordi degli anziani, è quello che questa grande campana fosse “custodita dal diavolo”.

Il Caraccio riporta due versioni, mentre io stesso ne raccolsi, decenni fa, una terza. La prima versione raccolta dal Caraccio è la seguente: “si raccontava che a mezzanotte suonava come una specie di campana e uscivano gli spiriti”. La seconda: “l’altra leggenda parlava di “un’occhiatura”, cioè di un tesoro nascosto per entrare in possesso del quale bisognava fare offerta di un neonato di tre giorni. Una volta lasciato questo bambino sarebbe suonata la campana e si sarebbe aperta una cavità dove si sarebbe trovato questo “tesoro”.

La seconda versione riportata dal Caraccio ha una grossa affinità con una leggenda riportata dalle genti di Manduria e ambientata ne “ lu Scegnu”, il Fonte Pliniano: è identico il particolare della macabra offerta del bambino finalizzata a fare apparire il “tesoro”, che in questo caso è la “chioccia con i pulcini d’oro”, altro elemento ricorrente in molte località italiane (e  presente anche a Sava presso un’altra grotta, situata in contrada Grava).

img 5 demone custode di tesoriLa versione da me raccolta in riferimento alla Campana di Scerza, e ascoltata più volte dalla voce dei contadini, è invece la seguente: “nella grotta di Scerza era situata una “Campana d’oro”, custodita dal diavolo. Un giorno, un pastore, avvicinatosi a pascolare le sue pecore nei pressi della grotta, ode il tintinnìo della campana. Si decide dunque a scendere nella grotta per appropriarsi del prezioso oggetto. Arriva fino al punto della grotta nel quale è situata la campana, e mentre cerca di trasportarla su, sente una voce che grida: “lu lupu alli pecuri, lu lupu alli pecuri”. Certo che qualcuno lo sta avvisando del fatto che un lupo sta per sbranargli il gregge, risale di corsa, lasciando la campana là dov’era. In realtà, era stato il diavolo, custode della campana, a lanciare il “falso allarme” in modo che il pastore non potesse appropriarsi della campana…”

Sul finale della storia ho raccolto due varianti: una è che il pastore, una volta ridisceso, non può appropriarsi della campana perchè in quel frattempo è magicamente scomparsa, l’altra è invece che l’uomo, dopo aver temporaneamente abbandonato l’antro, non può neanche ridiscendere, perchè “l’ imboccatura della grotta si chiude”.

Una leggenda identica a quella di Scerza è riportata in riferimento ad un altro sito non molto distante, sul litorale di Maruggio, nella località attualmente denominata “Madonnina dell’ Altomare”. La “Madonnina” è una cappelletta che sorge su una collinetta posta sulle dune, a poca distanza dal mare. Bianca Capone, una scrittrice che aveva una casa posta quasi di fronte alla chiesetta della Madonnina, racconta: “I vecchi di Maruggio dicono che nelle viscere della collinetta è nascosto un tesoro. La fantasia popolare ha ricamato una trama leggendaria, che riporto così come mi è stata narrata. Un giorno un pastorello, che stava pascolando il gregge nei pressi della Madonnina, salito sulla sommità dell’altura, scorse di lontano un antro. Si avvicinò e vide una scalinata, scavata nella roccia che scendeva nell’interno. Spinto dalla curiosità scese i gradini e si trovò ben presto in un tempio sotterraneo dove c’era ogni ben di Dio: collane, anelli, pietre preziose e perle a bizzeffe. Ammaliato da tanto splendore, il pastorello si gettò dentro quel mare d’oro e d’argento. Ma sul più bello udì una voce dall’esterno che gridava: «al lupo!» Resosi conto del pericolo, risalì alla superficie, ma si avvide che il lupo non c’era e che le sue pecorelle pascolavano tranquillamente sulle pendici della collinetta. Allora corse nuovamente verso l’entrata della caverna, ma non la trovò: era sparita come per incanto!”

Le leggende popolari spesso costituiscono una interpretazione fantastica, una rielaborazione di notizie e caratteristiche reali, relative ai luoghi a cui si riferiscono, e per questo sono da utilizzare come importanti indizi. Il “diavolo” è messo in relazione con le antiche divinità pagane venerate in quei luoghi, e ne costituisce una reinterpretazione, e i “tesori” favoleggiati sono spesso da relazionare ad effettivi resti di elementi “preziosi”, cultuali, funerari o votivi, presenti in quegli spazi.

Nei siti che ospitano queste leggende, in genere in antichità sorgevano luoghi di culto o sepolcreti o insediamenti. Come il già citato Fonte Mandurino luogo sacro alle divinità messapiche, la collinetta della Madonna dell’Altomare ospitava, in antichità, un tempio dedicato ad Artemis Bendis, la qual cosa è testimoniata da scavi iniziati nel 1968 e proseguiti  seppur sporadicamente negli anni successivi,  durante i quali sono stati rinvenuti i resti di un edificio e di un recinto sacro, una stipe votiva, ceramiche, e una serie di terrecotte raffiguranti la divinità (complessivamente, i ritrovamenti sono stati fatti risalire a un arco temporale che va dal VI al IV sec. a.C).

img 6 Scerza particolare di una muragliaCiò che allo stato, in zona Scerza è direttamente osservabile, in mancanza di ricognizioni e indagini specifiche, è la presenza di alcuni elementi insediativi e residui di cocciame che potrebbero risalire al periodo basso-medievale (oltre a residui di costruzioni successive). Suggestiva è inoltre la presenza di imponenti muraglie in pietra a secco (al momento non databili) che sembrano aver avuto in passato funzione di fortificazioni. La zona è stata inoltre sede di insediamenti cultuali e  di tipo abitativo sino  alla fine del 1800, come testimoniano una cappelletta e una masseria non molto distanti dalla grotta. Anche l’area immediatamente circostante la grotta presenta degli evidenti tratti insediativi: difatti vi si accede attraverso una stretta carreggiata (visibile benchè oggi in parte invasa dalla boscaglia) ed è delimitata da una recinzione a secco (anch’essa in parte affogata nella boscaglia ma visibilissima). A pochi metri dalla grotta si notano ancora oggi dei trulli, pressochè integri benchè seminascosti dalla boscaglia.

Quello che ci suggeriscono tutti gli elementi sin qui raccolti è che il sito di Scerza con la sua grotta è stato sicuramente oggetto di “vissuti” in diverse epoche storiche e che in esso, e nei dintorni, si sono sviluppati insediamenti, culti, e vicende che poi hanno generato le leggende giunte sino a noi. E’ importante dunque indagare su questa località e sarebbe prioritario riportare alla luce l’antica grotta, che insieme ad una accurata analisi dei luoghi potrebbe permetterci di ricostruire fatti e vicende legati allla storia antica del sito e alle sue caratteristiche.

BIBLIOGRAFIA

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Scarpello V., Il “Fonte pliniano” di Manduria tra storia e leggenda, in belpaeseweb.it , ottobre 2011

Scerza: cappella

Scerza: zona grotta “Campana d’Oro”

Scerza: l’ imboccatura (ostruita) della grotta

Scerza, zona grotta

demone custode di tesori in una antica raffigurazione

Scerza: particolare di una muraglia a secco

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