Racconti, Scrittori salentini

Assidua presenza

di Luca Portaluri

speranzaII
La Speranza II 1907 (New York, Collezione The Museum of Modern Art)

 

Cercatemi tra le aggraziate albe della gratitudine, dove nessun biancore è malato; cercatemi tra i cortei popolari, ad inveire contro i caini poteri e a rimarcare ogni evidente sopruso che dovrebbe scalfire la vostra ignorante indifferenza; cercatemi tra le impotenze dei deboli, disperata fragilità dell’esistere; cercatemi, appassionatamente, tra le commoventi voci della dolcezza, a udir fremere il suo canto verginale; e, ancora, cercatemi tra i grotteschi teatri della vostra quotidianità: placida, la leggerezza siede spesso nel loggione; cercatemi tra i presidi, molteplici, di un sorriso, sola arma a non ferire, sguainato dal torpore di molti vostri volti.

Cercatemi tra i sinuosi sbatter d’ali dei gabbiani, tra le geometrie acquatiche dei cigni, tra i riflessi colorati di tutti gli arcobaleni, reali o immaginari; cercatemi tra i bagliori accecanti di ogni giovinezza interiore, pronta a sbaragliare incessantemente stanchi sbadigli di noia e accidia. Cercatemi tra i contagi delle passioni, tutte, deliri e domeniche, talami e gemiti; ma cercatemi pure tra le urgenze del lavoro, di progetto in contingenza, il necessario è il mio pane.

Cercatemi pudicamente tra le mareggiate del tempo, mi conto gli anni, mi stringo peso dei ricordi che aumenta; cercatemi tra le esalazioni dei sogni, riservati ultimi respiri del solitario andare; cercatemi sommessamente tra le domande di ogni pianto, e l’assenza astiosa di molte risposte. Mi troverete lì, in tutti quei posti, con la mia bandiera che non conosce, ammainamento. Mi chiamano “Speranza”.

Perché noi non siamo soli, ma pianeti accompagnati da un universo particolare di emozioni indifferenti; siamo gocce di fuoco in un mare immobile, sorprese già conosciute, che con fatalistica intenzione ci ritroviamo, placidamente ansiosi, a rivolgere sguardi ciechi ad un futuro già presente nella nostra anima che pensa; (siamo) menti sinceramente, caoticamente ordinate, logicamente irrazionali, che accettano implosive esplosioni di respiri sordi, annusando i sudori profumati di questa vita cosi stretta.

P.S.:  Cercatemi infine tra gli ossimori di cui è infarcito quasi totalmente il capoverso precedente: lì anche mi troverete, malcelata e beffarda, ostinata e indomabile. Il mio nome non cambia, perché da quel che sento, continuano a volermi, a gridarmi, a chiamarmi Speranza.

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