Testimoni silenziosi delle prime espressioni del sentimento umano, di un passato che ancora non conosceva la civiltà messapica, i dolmen (dal bretone “tol”, piatto, largo e “men”, pietra) e menhir (dal bretone “men”, pietra e “hir”, lungo) sono costruzioni megalitiche, disseminate lungo la penisola salentina, la cui origine e funzione restano avvolte da un’aura di mistero. Continua a leggere “Pietre antiche: dolmen e menhir del Salento”
Autore: Barbara Baldassarre
A Tavola dalla signora Adele
Poche tradizioni sopravvivono e si tramandano, di madre in figlia, come quella legata alle Tavole di San Giuseppe, tipiche di alcuni paesi nel Salento ma con richiami e somiglianze anche in altri luoghi in Italia, in Sicilia ad esempio. Una Tavola di San Giuseppe, vista dall’esterno, non si differenzia in fondo più di tanto da una tavola in festa imbandita con pietanze salentine di vario genere. A renderla così particolare però sono gli invitati a questo pranzo. Invitati di tutto rispetto. Niente di meno che la Sacra Famiglia insieme ad altri Santi. E la devozione, unita all’innato senso di ospitalità salentino ed al desiderio di offrire il meglio ai propri commensali, fa’ si che ogni Tavola rappresenti al meglio la persona che la allestisce, non solo come padrona di casa ma anche come “donna di casa” e donna piena di fede. Continua a leggere “A Tavola dalla signora Adele”
Cercando le Caremme
A Caremma pizzicotta, face u casu e la ricotta
e li face scusi, scusi cu nu lla vitine i carusi,
e li face chianu chianu, cu nu lla vite u guardianu.
A Gallipoli la Caremma è la madre “te lu Titoru” (la maschera locale che muore per le gozzoviglie del martedì grasso), a Martina Franca è la “Quarantena”, riempita di dolci e frutta per la gioia dei bambini, ad Oria è la “Quaremma”, che ha come “corredo” anche una bottiglietta d’olio (per alimentare la lampada che le consentirà di continuare a lavorare di notte), una d’aceto (a simboleggiare la ristrettezza economica) e 7 fichi secchi o taralli oltre al fuso. Continua a leggere “Cercando le Caremme”
Le Caremme: antiche tradizioni
Ci sono tradizioni che sono destinate a durare. Per altre, forse più suggestive, e per questo più impegnative da mantenere, il rischio che vengano lentamente dimenticate è più alto.
Le ho cercate, in giro per il Salento. Le ho cercate da mercoledì scorso, il mercoledì delle ceneri, perchè è il giorno in cui secondo la tradizione dovrebbero essere esposte. Addirittura dalla mezzanotte. Le ho cercate fino ad oggi, a quasi una settimana di distanza. Ho camminato guardando per aria in molti paesini del Salento che non avevo ancora mai visitato. Guardavo in alto, verso i cornicioni, i balconi, le terrazze. Continua a leggere “Le Caremme: antiche tradizioni”
Marathon-iade
I soldati romani ed i gladiatori ne facevano largo uso prima dei loro combattimenti perchè si riteneva che accrescesse le loro forza ed il loro valore. I suoi rami venivano usati per incoronare i vincitori. Gli atleti greci mangiandone i semi mantenevano la loro perfetta forma fisica. I medici dell’antichità lo prescrivevano per problemi di vista o alle donne in allattamento, ancora per problemi di digestione o come disintossicante.
Continua a leggere “Marathon-iade”
Avventure nell’orto
Famosa è la sagra della patata rossa a Colfiorito, in Umbria, verso la metà di agosto. Del tutto casuale, invece, il sorprendente raccolto, anch’esso in agosto, in un fazzoletto di terra salentino sotto ad un vecchio melograno.
Ma andiamo per ordine.
Ritrovarsi in cucina delle patate “datate” credo sia successo un po’ a tutti. E forse in molti condivideranno il ricordo della cucina di una “nonna salentina” sui cui pensili, tra vasetti di conserve e salse, da un altro vasetto in vetro riempito di acqua, pendevano del lunghi morbidi rami pieni di foglie di una splendida tonalità di verde. Continua a leggere “Avventure nell’orto”
Salento nostro, Salento amaro. Un breve viaggio tra le piazzole di sosta del Salento.
Salento nostro. Questo Salento così vario, sorprendente, così ricco di storia e cultura. Questo Salento che non finiremo mai di raccontare. Salento incredibile Salento, una sorpresa dietro ogni angolo, in ogni paese, in ogni piazza.
Salento amaro. In ogni piazzola di sosta, ad ogni incrocio stradale fuori paese, lì dove è possibile decelerare, aprire lo sportello dell’auto, e ripartire.
L’amore ai tempi di Papa Màuro
Tèlo na su màso ena sonetto grico
Na mi to fserume na mi to matune e latini
(voglio cantarti una canzone greca
solo per te e che non la intendano i latini)
Quando l’amore nel nostro Salento era ancora agàpi. Quando l’agapi tra Zito e Zita era assoluto, cardìa (cuore). Quando le reciproche promesse di amore eterno e fedeltà erano scandite dallo scambio di regali per le principali ricorrenze religiose (Natale, Candelòra, Pasqua). Quando la Zita mandava allo Zito per Pasqua una cuddura con quante più uova poteva, avvolta in un fazzoletto da essa stessa ricamato con frasi amorose. Quando la Zita teneva in casa una sedia nuova per lo Zito, che in caso di rottura del fidanzamento appendeva ad un palo o al muro per far sapere di essere nuovamente libera.
Quando una giovane nuovamente libera era solita portare appeso in petto un fiore rovesciato ed all’ingiù – “m’efike o nnammurào jà tuo vastò fiùro anopocào” (sono libera dall’innamorato, per questo porto il fiore rovesciato). Quando per cantare il suo amore alla Zita lo Zito le dice che è bella come il sole, oria san iglio, come una rosa fresca appena colta, rodon azzippammèno apù ti chianta, come un uccello che vola in primavera, puddì ‘stin primavèra apetònta. Quando la Zita era agapitì (amata), orrìa (bella), calédda, plèon orrìa, dèa.
Continua a leggere “L’amore ai tempi di Papa Màuro”
Figli di un dio minore
“Tutto è pieno di dei”
Talete
Ho sempre creduto nell’esistenza, accanto agli altri dei, anche di un dio minore. “Minore” non nel senso che questo dio sia di livello inferiore agli altri… ma solo con il significato di “più piccolo”, una specie di dio-bambino, che, come Peter Pan, non vuole crescere. A lui sono preposte le “piccole cose”, quelle non facili da notare subito, quelle di cui gli altri dei non hanno il tempo, e forse la pazienza, di occuparsi. Di sicuro gli piace “un mondo” dedicarsi a piccoli lavori di precisione. In giro per il mondo. Ogni tanto passa anche dalle nostre parti. Quando? Continua a leggere “Figli di un dio minore”
La cicorina di campagna, questa sconosciuta
Un tempo tradizione di ogni famiglia contadina, le cui donne, armate di una sicura e vasta conoscenza botanica tramandata di generazione in generazione, di busta di plastica e coltello a seghetto, popolavano nel primo pomeriggio le campagne intorno ai paesi salentini, oggigiorno l’arte di raccogliere le “cicureddhre de campagna” sembra essere sempre più retaggio di pochissimi eletti.
Conservo ancora vivo il ricordo di queste figure femminili nelle campagne, ed ho pensato spesso alla vastità della cultura contadina di cui erano testimoni. E mi chiedo quanti tra noi abbiano la fortuna di potervi ancora attingere. Una mamma, una nonna, una zia. Una vicina di casa. Continua a leggere “La cicorina di campagna, questa sconosciuta”
Dal Salento al M.I.T., sola andata
Una qualsiasi sala d’attesa di un medico specialista. “Venga alle 16 che non c’è molta gente”, salvo poi scoprire che per le 16 siamo in 4. E che lo studio apre alle 15, che gli appuntamenti (sempre secondo la formula “X4”) si distanziano di 15 minuti ed il dottore non è ancora arrivato. E sia. Delle sale d’attesa mi affascinano sempre le riviste. Quelle specialistiche, datate un anno fa ma che sembrano essere state pubblicate ieri, tanto poco sono state sfogliate; e quelle della settimana scorsa, dove dei bambini (o forse no?) hanno già disegnato i baffi alla signora in copertina. Continua a leggere “Dal Salento al M.I.T., sola andata”
Cercando le Caremme (2)
A Caremma pizzicotta, face u casu e la ricotta
e li face scusi, scusi cu nu lla vitine i carusi,
e li face chianu chianu, cu nu lla vite u guardianu.
A Gallipoli la Caremma è la madre “te lu Titoru” (la maschera locale che muore per le gozzoviglie del martedì grasso), a Martina Franca è la “Quarantena”, riempita di dolci e frutta per la gioia dei bambini, ad Oria è la “Quaremma”, che ha come “corredo” anche una bottiglietta d’olio (per alimentare la lampada che le consentirà di continuare a lavorare di notte), una d’aceto (a simboleggiare la ristrettezza economica) e 7 fichi secchi o taralli oltre al fuso. Continua a leggere “Cercando le Caremme (2)”